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Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Lithium” – Nirvana
“Vi parlo dal punto di vista di un un sempliciotto un po’ vissuto che preferirebbe essere uno snervante bimbo lamentoso. Questa lettera dovrebbe essere abbastanza semplice da capire. Tutti gli avvertimenti della scuola base del punk-rock che mi sono stati dati nel corso degli anni, dai miei esordi, intendo dire, l’etica dell’indipendenza e di abbracciare la vostra comunità si sono rivelati esatti. Io non provo più emozioni nell’ascoltare musica e nemmeno nel crearla e nel leggere e nello scrivere da troppi anni ormai. Questo mi fa sentire terribilmente colpevole. Per esempio, quando siamo nel backstage e le luci si spengono e sento il maniacale urlo della folla cominciare, non ha nessun effetto su di me, non è come era per Freddie Mercury, a lui la folla lo inebriava, ne ritraeva energia e io l’ho sempre invidiato per questo, ma per me non è così. Il fatto è che io non posso imbrogliarvi, nessuno di voi. Semplicemente non sarebbe giusto nei vostri confronti né nei miei. Il peggior crimine che mi possa venire in mente è quello di fingere e far credere che io mi stia divertendo al 100%. A volte mi sento come se dovessi timbrare il cartellino ogni volta che salgo sul palco. Ho provato tutto quello che è in mio potere per apprezzare questo (e l’apprezzo, Dio mi sia testimone che l’apprezzo, ma non è abbastanza)”
Un’alta concentrazione di eroina, tracce di diazepamsono e un fucile. Il corpo di Kurt Cobain giaceva lì da giorni. Aveva solo 27 anni e venne rinvenuto da un elettricista nella sua villa di Lake Washington Boulevard. La lettera che lasciò era indirizzata al suo amico immaginario dell’infanzia, Boddah e racconta tanto dell’angoscia che aveva inghiottito Cobain.
Certo sembra impossibile che Kurt Cobain non riuscisse a godere del successo e del brivido di fare arte a quei livelli. L’urlo della folla, il proprio nome idolatrato e scandito dalla gente. La popolarità planetaria della musica che esce dalla tua testa e che passa per le tue corde vocali. Ma come si fa a non gioire di tutto ciò? Come si fa a non sentirsene appagati e a non provare più nulla?
Ribadisco, sembra impossibile. Eppure così è stato. Parlano chiaro le parole della sua lettera.
Oggi ricorre l’anniversario del suo suicidio. 28 anni fa “moriva” il grunge.
Written by: Valentina Proietto Scipioni
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