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Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Dancing with your ghost” – Sasha Alex Sloan
Memento mori. Ricordati che devi morire. -No, non ve ne andate! Non è un articolo depressivo, è solo che ogni tanto mi piace far salire l’ansia alla gente. Così, senza motivo. Ad ognuno i propri hobby, no?-.
Per quanto ci dia fastidio ammetterlo, quel monito ci è sempre rimasto impresso. Ma perché? La morte è una delle grandi costanti della vita –Ho detto che non era depressivo, non che non avrei parlato della morte- e ci terrorizza, ma allo stesso tempo ci incuriosisce, perché è l’unica cosa su cui possiamo solo ipotizzare, senza avere conferme mentre siamo ancora in vita, e che poche volte ci tocca.
“<Tu capisci la morte?>
No che non la capiva. Sapeva cos’era, conosceva il significato della parola, ma era un’entità nebulosa, un evento che riguardava solo delle persone molto molto lontane da lui.”
(TJ Klune)
Riconoscete l’autore? È lo stesso de “La casa sul mare celeste“. È uscita da poco la traduzione del suo ultimo libro, Sotto la porta dei sussurri –Sì, ama i titoli lunghi-, che parla, appunto, di cosa succede quando si oltrepassa quella grande porta che è la Morte. Klune ipotizza che, dopo il trapasso, diventiamo fantasmi e che, quando ci sentiamo pronti, oltrepassiamo una porta per… la prossima tappa del viaggio. Cosa sia? Non lo sa nessuno.
“Va bene non sapere delle cose. Non sappiamo e non sapremo mai la gran parte delle cose.”
(TJ Klune)
Quindi ci troviamo immersi nel mondo post-vita con Wallace, il classico capo scorbutico che non vorresti mai avere, più autoritario di un signore con i baffi nella Germania del ’40 e con l’emotività di un rullo compressore.
“Errare è umano, credo. Ma io non ero come te. Non me ne facevo una colpa. Avrei dovuto, ma…non lo so. Ho sempre incolpato gli altri, mi dicevo che dovevo imparare dai loro errori, e non necessariamente dai miei.”
(TJ Klune)
Comunque, Wolly dopo una morte passabile –non è morto nel sonno, ma ho in mente morti di gran lunga peggiori– si ritrova a dover fare i conti con entrambe le grandi entità: la Morte e la Vita. E quindi anche con chi è stato, con le persone che lo circondano e con i cambiamenti che la nuova condizione di fantasma porta.
“<Ma non ha alcun senso!>
<Solo perché per tutta la vita sei stato abituato a pensare in un modo. Adesso le cose sono cambiate.>”
(TJ Klune)
Spesso non ci rendiamo conto di quale immenso dono sia la Vita e lo sprechiamo. –Sì, lo so, è un concetto banale che si sente dire in continuazione, ma mai, come in questo momento, è stato più vero-.
“<Non è mai abbastanza, vero? Il tempo. Pensiamo sempre di averne un sacco, ma per quello che conta davvero non è mai abbastanza.>
<Allora l’unica è sfruttarlo al massimo.>”
(TJ Klune)
Ma siamo sempre intrappolati nella vita quotidiana, nom che nella routine ci sia qualcosa di brutto, attenzione. Ma questa ci rende soddisfatti? Le giornate finiscono con noi che ci addormentiamo con un sorriso pacifico sulle labbra? Pensate mai “Se dovessi morire adesso, non avrei alcun rimpianto.”? …troppe domande esistenziali? Anche per me e per Wolly.
“Fu illuminante. Tutto quel lavoro, tutto ciò che aveva fatto, la vita che si era costruito. Aveva avuto una qualche importanza? Qual era stato il senso di tutto? Non lo sapeva. E pensarci faceva molto male.”
(TJ Klune)
In genere però, rimuginando su ciò che può rendere la nostra vita soddisfacente, ci dimentichiamo di un dettaglio esistenziale e fondamentale.
È un dettaglio così sciocco e banale, ma che continua a sfuggire, come quando non trovi il telefono che hai in mano finché qualcuno non te lo fa notare. Ed è proprio Klune a rivelare il dettaglio mancante, quella piccola tessera del puzzle senza cui è impossibile vedere il disegno:
“Non si tratta necessariamente di ciò di cui ha bisogno, perché questo implicherebbe che gli manca qualcosa. Si tratta di ciò che vuole. E c’è una differenza. Credo che a volte ce ne dimentichiamo.”
(TJ Klune)
È difficile accettare la morte. Quella degli altri e, se Klune avesse ragione, anche la nostra. A volte è inevitabile chiedere all’Universo, a quel qualcuno che sta lassù, oltre le nuvole ed il cielo, “Perché?“. Magari urlarlo o sussurrarlo con gli occhi pieni di lacrime, guardando il vuoto o l’infinito del cielo, con voce distrutta o adirata. Perché quella persona? Perché non qualcun altro? E se è vero che è in un posto migliore, perché non posso essere felice che non stia più soffrendo?
La Morte è inevitabile, ma passiamo tutto il tempo a sfuggire anche solo al suo pensiero.
“<Noi non interferiamo mai con la morte. Non si può.>
<Perché no?>
<Perché è sempre lì. A prescindere da cosa fai, da che tipo di vita conduci, buona o cattiva o da qualche parte nel mezzo, la morte ti sta sempre aspettando. Si inizia a morire nell’istante in cui si nasce.>”
(TJ Klune)
Abbiamo paura e non vogliamo essere soli ad affrontare il viaggio. A volte ci è impossibile capire che per alcuni è una salvezza. A volte, morire, significa smettere di combattere una battaglia già persa per solo una manciata di minuti in più; significa raggiungere di nuovo le persone che amiamo; significa essere in pace.
“A volte la morte è una benedizione, anche se non ce ne rendiamo subito conto.”
(TJ Klune)
Sì, so che sono opera mia quei musi lunghi e quelle facce tristi. Ma c’è anche da dire, che tutti questi momenti di profonda riflessione filosofica esistenziale sono ben scanditi con la leggerezza che accompagna la vita di tutti i giorni di una compagnia improbabile e sgangherata. E ottime tazze di tè, il cui intero processo –dalla pianta alla tazza-, come si scopre piano piano, è un’enorme metafora della vita.
O forse abbiamo ragionato troppo ed è arrivato veramente il momento di prendere una tazza di tè. –Personalmente consiglio nello stesso momento in cui le sta bevendo Wolly-.
“Alla prima tazza di tè, siamo due estranei.
Alla seconda tazza di tè, sei mio gradito ospite.
Alla terza tazza di tè, siamo una famiglia.”
(TJ Klune)
Quindi, che dite, andiamo a mettere sul fuoco il bollitore? –Sì, so che fa caldo e…. oh No! Ho scordato il mio sui fornelli. Spero non sia evaporata tutta l’acqua!-.
Written by: Ro Vendittelli
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