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Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Freedom” – Jon Batiste
Vi ho raccontato lunedì scorso della schiacciante vittoria di questo Jazzman che ha portato a casa ben cinque Grammy. Scopriamo insieme chi è Jon Batiste, che ha vinto su tutti i fronti.
Da mesi è inamovibile nella rotazione musicale di Voicebookradio.com con il ritmo dei suoi irresistibili successi I need you e Freedom. Il sound è trascinante e non si può restar fermi, nemmeno nei fuori onda delle nostre dirette. Jon Batiste ha tutti gli elementi per ammaliare con la sua musica che si stacca nettamente da tutto il resto. Sonorità che riportano indietro nel tempo, raffinatissime ed energiche insieme. Voce completa che tocca un po’ tutti i colori, da quelli più “cavernosi” a quelli più brillanti e accesi. Rotola in modo perfettamente elastico dentro ritmi vintage che rimandano al caro vecchio Jazz di cui si è nutrito sempre. Ultima, ma non ultima, una faccia che la dice lunga e nella quale è dipinto a tinte forti tutto il godimento di ciò che fa. Sagace, smaliziato, scaltro e un po’ “ruffiano”. Sa come arrivare, sa come “irretire”, sa come “stregare”.
Tutti ingredienti che lo hanno portato dritto nell’Olimpo dei Grammy 2022. Oltre al riconoscimento come Album of the Year, Jon Batiste si è aggiudicato i Best American Roots Performance e Best American Roots Song con Cry, il Best Score Soundtrack for Visual Media con la colonna sonora tutta Jazz del film d’animazione Pixar Soul e il Best Music Video con Freedom. Clip assolutamente irresistibile!
Eppure il grande pubblico lo conosce forse un po’ poco e in molti si sono chiesti chi fosse e cosa avesse di così “speciale” e innovativo questo musicista venuto quasi “dal nulla”.
In realtà Jon Batiste vanta l’ammirazione di colleghi di serie A. Ma vanta soprattutto grandi collaborazioni con alcuni di loro. Primo fra tutti Stevie Wonder. E ancora Lenny Kravitz che, nella notte dei Grammy, gli ha consegnato uno dei premi.
Il suo lavoro premiato come disco dell’anno, We Are, è uscito solo un anno fa e colleghi e addetti ai lavori lo hanno accolto con grande entusiasmo. Non solo per la perfetta miscela di Hip Hop, Funk e Gospel, ma anche e soprattutto per il valore del messaggio da lui lanciato. L’intero album, infatti, è strettamente legato al movimento Black Lives Matter e Jon se ne fa portavoce contro il razzismo con brani dalle radici chiaramente tradizionali. Basti pensare che è originario di New Orleans ed è cresciuto in una famiglia di musicisti e all’interno delle band della sua città.
Raccogliere la preziosa eredità della musica nera, timbrarne in modo netto l’identità, è stata la naturale evoluzione del suo percorso in musica.
Sulla copertina spiccano le note di “un certo” Quincy Jones che ne tesse le lodi e gli impartisce la su “benedizione” musicale. Ma Jon stesso ha le idee chiare su di sè.
“Non esiste il miglior musicista, il miglior artista, il miglior performer, il miglior attore. Le arti sono soggettive e io sono dell’idea che il compito di un artista sia quello di raggiungere una persona nel momento della vita in cui questa ne ha più bisogno. Quello che faccio io è lavorare a testa bassa ogni giorno. Suono da quando ero ragazzino. Per me non è intrattenimento: è una missione spirituale. E’ questo modo di lavorare che caratterizza i veri artisti. Continuate così: restate sempre voi stessi”. – Jon Batiste
Ebbene, un record che fa pensare. Jon è il primo artista nero a conquistare l’Album of the Year ai Grammy Awards dopo ben quattordici anni, quando vinse lo straordinario Herbie Hancock nel 2008 con il suo River: The Joni letters.
Eppure Jon non è affatto sbucato dal nulla. Pur essendo molto giovane ha già al suo attivo sette dischi prima di We Are. E dalle sue stesse parole trapela l’esigenza di farsi conoscere meglio e dire molto altro di sè.
“Sono già noto al pubblico per certe cose che ho fatto, ma c’è molto altro da sapere su di me. È giunto il momento di mostrare la mia arte sotto ogni aspetto”.
Dicevo che proprio nelle band di New Orleans è iniziato il percorso musicale di Jon Batiste. Un vortice che non può non inghiottirti e farti suo. Un universo che cattura, che ti porta con sè, che ti lascia il segno addosso e Jon questo segno lo indossa con naturalezza, lo espone, lo sottolinea continuamente. Come un fiore all’occhiello che gli ha dato corpo e struttura.
Ora il successo lo ha incoronato, ma, per dare spinta ai nuovi talenti musicali, Jon è diventato direttore creativo del National Jazz Museum di Harlem ed ha lanciato molte iniziative per supportare gli emergenti. Scambi culturali fondamentali per chi vive di musica, incontri, seminari in tutto il mondo, progetti crescenti. Insomma, un turbine senza sosta questo ragazzo di New Orleans, una vera ventata d’aria fresca e consistente. Proprio quello che ci voleva!
Written by: Valentina Proietto Scipioni
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