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Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “The crystal ship” – The Doors.
50 anni fa ci lasciava Jim Morrison il più bohémienne degli artisti rock del secolo scorso: una vita breve, ma intensa, vissuta da “maledetto” sul palco e fuori.
James Douglas Morrison.
Profeta della libertà. Un perfetto concentrato di inquietudine e poesia, di contestazione e pensiero rivoluzionario.
Personaggio fuori e dentro la scena. Innamorato dei libri e dei poeti della “Beat Generation” che influenzarono pesantemente la sua cultura fin dentro i testi della band che cambiò per sempre la musica planetaria.
Siamo nella metà degli anni sessanta ed, insieme a Ray Manzarek, Jim fonda The Doors.
È Jim stesso a scegliere il nome della band: “le porte” – e lo fa citando una poesia di William Blake, nel passo in cui recita:
“Se le porte della percezione fossero purificate, ogni cosa apparirebbe all’uomo com’è: infinita”.
Un gruppo storico, dunque, tra i più influenti del genere rock, che arrivò a vendere, in sei anni di attività, 135 milioni di dischi in tutto il mondo.
Ricordo ancora il mio periodo universitario, quando scoprii la loro musica che stordiva, che scioglieva i pensieri, che faceva sentire confusi e liberi. I virtuosismi musicali di Manzarek erano impressionanti, al limite dello psichedelico.
E lui. La sua voce a tratti cupa, a tratti sensuale, che provocava ad ogni frase. La sua presenza esasperata e conturbante sul palco. Le movenze che schiaffeggiavano il pubblico con qualcosa che somigliava a una scia chimica mista a vibrazioni fluttuanti.
Come lo descrivo un personaggio così contorto e tumultuoso? Come la racconto la bellezza di vederlo agitarsi, di sentirlo strisciare come un rettile dentro ogni nota, addosso ad ogni parola?
Jim Morrison non ha segnato solo il suo tempo. A tutt’oggi è ancora considerato il modello culturale intramontabile della contestazione giovanile del Sessantotto.
Dicono che ci si debba limitare a godere della musica di certi artisti senza “badare al cantante, lo sappiamo la vita che fa”.
E il suo stile trasgressivo lo ha portato a vivere tutta la sua breve vita in modo febbrile e concitato. Tutto compresso in meno di 30 anni di esasperazione e di altalene emotive e psicologiche potentissime.
Provocazioni, interruzioni di concerti, violenze, proteste, ribellioni, danni, bestemmie e oscenità vere o presunte, fino agli svenimenti sul palco a causa dell‘abuso di alcool. Questo era il mix letale che lo ha spinto sempre più oltre.
Quando poi venne inghiottito anche dal vortice delle droghe iniziò il suo inesorabile degrado fisico e mentale. In un inquietante vortice parallelo con il declino artistico degli stessi Doors.
Basti pensare al ritrovamento scioccante del suo corpo senza vita. La morte lo inseguí e lo raggiunse dentro la vasca da bagno nella notte fra il 3 e il 4 luglio del 1971. E lo fece in largo anticipo perché aveva solo 27 anni.
Si trovava a Parigi, dove si era trasferito abbandonando la musica per dedicarsi esclusivamente alla poesia.
Il Re Lucertola, così lo chiamano ancora tutti, non si può raccontare in poche righe. Non si può comprimere in un breve racconto più di quanto non si sia compresso lui stesso davanti e dietro i riflettori.
Stroncato dal suo stesso cuore che non ne ha più voluto sapere di tutta quella dissolutezza e della troppa percezione delle cose.
Esiste forse maledizione più grande?
Written by: Valentina Proietto Scipioni
Tempo di lettura 3 minuti
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