“Quanti temi avrò letto nei miei dieci e più anni come maestro elementare in un sobborgo napoletano? Non lo so, ne ho perso il conto.Ma non li ricordo perché ordinati o disordinati, tristi, giocosi e persino polemici, tutti mi hanno sempre dato qualcosa. Tanto che alcuni li ho conservati e ora ho voluto raccoglierne una sessantina tra i più ameni e sorprendenti. Credo che valga la pena di conoscerli. Colorati, vitalissimi, spesso prodigiosamente sgrammaticati e scoppiettanti di humour involontario, di primo acchito possono far pensare a una travolgente antologia di “perle”. Ma,per chi sa guardare, sotto c’è qualcosa di diverso e di più.”
– Marcello D’Orta, maestro elementare.
Di cosa parla. Questo piccolo stralcio, tratto dall’introduzione del libro che ci accingiamo a conoscere, sarebbe più che sufficiente a fornire un’idea complessiva di cosa sia “Io speriamo che me la cavo”, ma proviamo a dire qualcosa in più: si tratta innanzitutto di uno scritto molto particolare, in quanto affronta con la innocente semplicità degli occhi di una scolaresca di bambini napoletani tematiche alquanto complesse della realtà a loro circostante.
Infatti, “Io speriamo che me la cavo” altri non è che un corpus di sessanta temi di giovani studenti delle elementari, raccolti così, mantenendo tutti i loro errori ortografici, le ripetizioni, gli scivoloni grammaticali, l’ambiguo utilizzo dei tempi verbali, ma soprattutto le espressioni dialettali o inconsapevolmente volgari, uniti a formare quella che, solo dopo aver sfogliato più di qualche pagina, ci si rende conto essere ben più di una spassosa lettura di errori di varia natura: un vero e proprio manifesto della realtà del Mezzogiorno, come mai lo avevamo visto prima.
Pagina dopo pagina, si va evidenziando con forza sempre maggiore la dignità con cui molti napoletani di ogni età ed estrazione sociale, nonostante una diffusa condizione di povertà, corruzione, disagio che si profila nella realtà di tutti i giorni, affrontano a testa alta la loro quotidianità, senza cedere alla tentazione di alimentare i lati meno luminosi del loro paesaggio cittadino, attraverso una grande forza morale, ironia, filosofia di vita.
Tra una risata, un momento di riflessione, ed un’altra risata ancora più sguaiata di quella di prima (parola mia, è pressoché impossibile trattenersi!), ciò che vi attende è una lettura davvero sfiziosa, alla scoperta della pittoresca concezione che ha un alunno riguardo all’Apocalisse dalla quale “spera di cavarsela” – di qui il titolo del libro – o anche del modo ingenuo ed innocente con cui una bimba racconta della sua villeggiatura in una ricca villa che però affaccia su vaste distese di immondizia.
Perché consigliarlo. Semplice: perché si rimane doppiamente spiazzati. Da un lato, dall’innocenza con cui quei bambini, ancora immersi nel loro sfavillante mondo della fantasia e dei giochi, esprimono ciò che vedono tutt’intorno a sé; dall’altro, si rimane inevitabilmente sconcertati da come gli occhi di esseri umani di pochi anni più piccoli di noi possano vedere in maniera totalmente distorta –ma non per questo sbagliata – persino le situazioni più crude, reinterpretandole in maniera a dir poco originale.
Tra una frase sgrammaticata ed una fantasiosa esposizione di una determinata esperienza, ecco cosa questo libro darà sicuramente a ciascuno di voi: la sensazione di aver letto finalmente qualcosa di nuovo.
Per chi consigliarlo. La vera domanda è: a chi non consigliarlo? Difficile rispondere: con la sua semplicità, le tematiche sempre attuali affrontate, la simpatia dei moltissimi, piccoli narratori di questa miriade di storie legate tra di loro dalla lungimiranza del maestro Marcello, e l’importanza del dare una volta tanto rilievo allo straordinario pensiero dei bambini, non c’è una singola persona che potrebbe rimanere delusa da “Io speriamo che me la cavo”.
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