La nuova tecnologia medica cambierà totalmente il modo in cui oggi interagiamo col dolore
Durante la lettura di consiglia l’ascolto di: “HOME – signals”
La rilevazione delle esperienze soggetive del paziente attraverso segnali cerebrali attraverso dispositivi indossabili di imaging è sempre stata una necessità.
Infatti l’enigma della gestione del dolore dal punto di vista terapeutico è sempre stato un ostacolo complesso: se ipertrattato, può far incorrere in forme di dipendenza dai farmaci; se non trattato adeguatamente, provoca l’insorgenza di forme cronicizzate.
Da tempo ormai è abitudine dei medici quella di fissare insieme l’entità di quest’ultimo insieme all’esperienza diretta del paziente, cosa che purtroppo però implica una difficoltà intrinseca non indifferente quando si ha a che fare con individui che per motivi come un’anestesia, malattie neuropsichiatriche o impossibilità in generale non possono esprimersi.
Il metodo con cui misuriamo il dolore non è cambiato in anni, e se non abbiamo un metro di misura per quanto dolore una persona stia provando, trattarlo diventa una sfida impegnativa.
Lopez Martinez
In questo panorama la scoperta di alcuni scienziati del MIT sembra essere promettente.
Essi hanno infatti presentato una ricerca dettagliata all’ACII (International conference on Affective Computing and Intelligent Interaction) sull’utilizzo di una nuova tecnologia di imaging chiamata FNIRS, basata sulla localizzazione delle aree del cervello più ricche di emoglobina ossigenata, segno di attività cerebrale, in particolare nella zona della corteccia prefrontale (che si è ormai convenuti abbia un ruolo fondamentale nell’espressione del dolore).
Ci troviamo dunque di fronte ad una svolta decisiva nel delicato mondo della terapia del dolore?
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