Durante la lettura si consiglia l’ascolto del brano “Mi sono innamorato di te – Luigi Tenco”
Il 21 Marzo 1938 nasceva Luigi Tenco, uno dei maggiori esponenti della scuola genovese, nonché uno degli artisti più influenti della musica italiana.
La nostra musica senza di lui infatti non sarebbe la stessa, a partire dalle innovazioni non solo prettamente di genere, (rinnovò infatti profondamente la musica leggera) ma soprattutto tematiche, con le aspre critiche sociali profondamente segnate dall’esistenzialismo francese che annunciano ante litteram quelle del sessantotto. Le sue canzoni spiccano senza dubbio per lo stile anti convenzionale, dai versi sciolti e scevri di quel sentimentalismo carico del tempo, asciutto invece il suo nell’esplorazione delle sfaccettature dell’amore.
Addirittura De André, suo carissimo amico, affermava: “senza Tenco io non ci sarei stato”. Il vuoto profondo lasciato dall’artista, scomparso prematuramente a soli 28 e in circostante non chiare nell’Hotel di Sanremo, proprio durante lo svolgimento del Festival nel 1967, trova posto nei vari omaggi dei colleghi come De André nella Preghiera in gennaio, in Festival di Francesco De Gregori, Donatella Rettore con È morto un artista, Venditti in Tradimento e Perdono che hanno voluto rinnovare la sua memoria. I riconoscimenti arrivano dal cinema e anche dalla letteratura. Quasimodo infatti coglie il suo intento primario di dare una scossa all’Italiano medio, ottenebrato da dogmi e convenzioni.
Comunque gli omaggi non finiscono qui: molte le cover realizzate da artisti contemporanei, da Mia Martini, Loredana Bertè, Ornella Vanoni, Mina Morgan, Diodato, Marco Mengoni. Magnifica la raccolta di cover Come fiori in mare – Luigi Tenco riletto, che vede la collaborazione di vari cantanti in una compilation unica.
L’avanguardismo di Tenco, prima di esprimersi in tutta la sua prodezza da solista, dietro alla quale si celava l’estrema volontà di esprimere tutta la propria persona, obiettivo mai raggiunto riconosciuta almeno in vita (tanto che in un’intervista a Sandro Ciotti nel 62 dirà: “La mia più grande ambizione è quella di fare in modo che la gente possa capire chi sono io attraverso le mie canzoni, cosa che non è ancora successa”) attraversa tappe fondamentali che passando dalla scena Jazz, per cui il giovane artista mostrò subito una forte inclinazione, segnano da subito la sua produzione impostata all’inizio proprio sul pop-jazz, che poi si evolverà nel folk rock più impegnato .
Tenco nasce a Cassine (Alessandria), ma è con il trasferimento a Genova nel 1948 che comincia ad interessarsi al jazz e a suonare da autodidatta piano, il clarinetto e sassofono.
Dopo il diploma di maturità entra a far parte come sassofonista del Modern Jazz Group di Mario De Sanctis, dove conobbe il giovanissimo Fabrizio De André. Le sue prime esperienze musicali, che condivide con musicisti, poi riconosciuti capostipiti della scuola di Genova, sono tutte nel segno delle band. Nel 1957 fortemente voluto da Marcello Minerbi entra nel trio Garibaldi e nel 1958 fonda con Graziano Grassi e Gino Paoli I Diavoli del Rock.
Il trasferimento a Milano lo vede partecipare come session man a registrazioni di Gino Paoli e Ornella Vanoni. Qui firma il suo primo contratto discografico con Dischi Ricordi. Esordisce come cantante nel 1959 con il gruppo I Cavalieri (lo stesso Reverberi, Paolo Tomelleri, Enzo Jannacci e Nando de Luca).
La carriera da solista inizia nel 1961 con il 45 giri I miei giorni perduti, ma è il 33 giri uscito l’anno dopo che contiene le sue canzoni più famose, tra cui Mi sono innamorato di te, Angela e Cara maestra, colpita da censura,
Nel 1965 l’attività musicale viene interrotta per prendere parte al servizio militare obbligatorio, al quale Tenco era sempre stato contrario. Dopo il congedo militare ottenuto nel 1966 si trasferisce a Roma, dove non solo firmò un contratto per la RCA italiana, ma conobbe anche Dalida, con cui diede vita a una delle relazioni più chiacchierate della musica italiana.
Nel 1967 partecipa al Festival di Sanremo con Ciao amore ciao. Viene escluso dalla finale e anche dal ripescaggio, vinto da La rivoluzione di Gianni Pettenati. La delusione per il fallimento al festival si legge nella lettera trovata nella stanza d’Hotel, dove venne trovato il suo corpo senza vita:
Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda Io tu e le rose in finale e a una commissione che seleziona La rivoluzione. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi.
Queste le ultime parole dell’artista sempre fedele a sé stesso, che in un’intervista affermava:
Canterò finché avrò qualcosa da dire e quando nessuno vorrà più ascoltarmi bene, canterò soltanto in bagno facendomi la barba ma potrò continuare a guardarmi nello specchio senza avvertire disprezzo per quello che vedo.
Il suo rapporto contraddittorio con la celebrità e la delusione l’hanno forse spinto a quel gesto estremo che ha messo fine alla sua vita con un colpo di pistola. La sua infatti una battaglia per liberate la musica dal successo dal consenso di massa, come riconoscimento a prescindere dal successo o meno, di qualità. Tenco diceva infatti:
Secondo me, un cantante non deve essere soltanto una macchina da soldi. Per prima cosa deve esprimere quello che ha dentro. Uno scrittore lo farebbe con un romanzo, uno scultore col marmo, perché il cantante non dovrebbe farlo con una canzone? Si tratterà alla fine di vedere se è una buona o una cattiva canzone, ma solo questo. Che il cantante sia simpatico o antipatico, conta molto poco.
Non a caso a lui è dedicato il famoso premio per l’eccellenza nell’ambito della canzone d’autore.
La sua produzione rimane nel cuore di milioni di italiani e senz’altro nel cuore della storia della nostra storia musicale.
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