Per la prima volta in assoluto, un anno fa, a Tempe in Arizona, un’auto in fase di testing con guida autonoma inserita (ossia controllata da una macchina e non da un uomo) ha investito una donna causando un incidente mortale.
Come siamo arrivati a tutto questo?
Forse non lo ricordate, ma il 2016 è stato l’anno dell’Intelligenza Artificiale, di Google e di Tesla.
Al CES 2016, la più grande fiera di elettronica e tecnologia al mondo, non si parlava d’altro: dopo anni di speculazioni e proclami, vennero presentati progetti e prototipi di macchine intelligenti in grado di guidarsi da sole.
Insieme all’eccitazione generale e agli immensi benefici che una tecnologia del genere avrebbe potuto portare, non mancarono le paure derivanti dall’eliminazione del fattore umano in un campo considerato ancora grezzo e in fase embrionale. Sono passati gli anni, L’intelligenza Artificiale si è evoluta, e hanno iniziato ad essere necessarie vere e proprie prove sul campo, per testare ed ottenere i dati finali che consentirebbero di mettere in commercio una tecnologia sicura e che sia “idealmente” priva di errori.
Quale sarebbe, secondo voi, la paura più grande che ogni
investitore di questa nuova scienza dovrebbe avere?
Proprio quello che è accaduto a Elaine Herzberg, che il 18 marzo del 2018 è stata investita mortalmente da un’auto con pilota automatico inserito, causando un episodio penalmente senza precedenti.
“Quindi di chi è la colpa?”, “chi è che deve pagare per una macchina?”
Andiamo con ordine.
Il destino ha voluto che la macchina incriminata fosse di proprietà della nota azienda di Car Sharing, Uber, che in quel periodo stava testando sul campo la propria IA, parallelamente ad altre aziende con cui tutt’oggi è in competizione: Google, Tesla e Lyft.
L’incidente è accaduto verso le 10 di sera, mentre la 49enne Elaine Herzberg si trovava ad attraversare una strada buia e fuori dalle dalle strisce pedonali (come riportato da successivi accertamenti) spingendo la sua bicicletta. A causa della poca illuminazione, il Suv Volvo XC90, che stava andando ad una velocità di 65 chilometri orari, con il Self Driving inserito, ha riconosciuto troppo tardi la figura della donna, travolgendola e rendendo inutili i soccorsi a causa delle troppe lesioni riportate.
Durante queste prove sul campo, tuttavia, sono sempre presenti sul sedile del guidatore dei tester (opportunamente istruiti) che, in teoria, dovrebbero essere pronti a prendere il controllo della vettura, in caso vedessero qualcosa andare storto. Sfortunatamente non è stato questo il caso.
Come successivamente diffuso dalla polizia stessa in un video registrato da una delle numerose telecamere presenti nella macchina il tester, al momento dell’incidente, aveva la testa chinata sul proprio cellulare, noncurante di quello che stava succedendo all’esterno (si è poi scoperto che la donna incaricata di supervisionare la situazione stesse, in quel momento, seguendo il programma televisivo “The Voice”).
In seguito all’incidente sono stati sospesi i test di guida autonoma da parte di tutte le società; ad Uber, inoltre, è stato specialmente vietato di effettuare, anche in futuro, prove su strada con autopilota nello stato dell’Arizona.
Il verdetto finale
Dopo un anno si è finalmente giunti ad un verdetto da parte del procuratore della contea di Yavapai, Sheila Polk. In una lettera, poi resa pubblica, ha dichiarato che “non sussistono le basi per la responsabilità penale di Uber”, e ha raccomandato nuove indagini da parte della polizia locale.
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