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Oggi siamo abituati ad un’informazione alla portata di tutti e in qualsiasi momento. Tg ad ogni minuto, servizi ripresi anche con lo smartphone e pubblicati via social, notifiche dalle testate direttamente sui nostri device. C’è tutto per non perdersi nessuna breaking news, per i bulimici dell’informazione.
Cose che noi le diamo per scontate, servendocene ogni giorno, e non consideriamo l’immenso lavoro che c’è dietro. E che c’è stato, quando tutto è cominciato. Ed un evento in particolare ha dato il la al modo di fare informazione oggi, che sia radio, televisione o web. Anzi l’ha rivoluzionato. E accade proprio oggi.
Un gruppo di giornalisti proveniente dai reparti EIAR, il vecchio ente radiofonico italiano, decide di cambiare il modo di dare le notizie alla gente rispetto ai metodi a cui erano abituati, principalmente carta stampata e, soprattutto radio. Nasce il primo telegiornale, poi soprannominato tg per differenziarlo dall’emissione radiofonica. E il debito con la radio è più forte di quanto possiamo immaginare.
Annamaria, classe ’56, racconta:
“Per i miei genitori il momento del tg era sacro. Capitava all’ora di cena, prima di Carosello ed era il momento in cui tutta la famiglia si riuniva per cena. Si discutevano le notizie, era un modo di scambiarsi opinioni e spesso discutere. Questo quando abbiamo comprato la prima Tv. Ma anche prima, con la radio era lo stesso. Pensate che mia madre ha continuato a chiamare il Tg Giornale Radio fino al 2000, anno in cui si è arresa alle nostre prese in giro e ha cominciato finalmente a chiamarlo Telegiornale”.
Era sì, un momento sacro nelle abitudini degli italiani, quello della cena. E i dirigenti della novella RAI, decidono proprio di mandare in onda quel prototipo di telegiornale proprio alle 21.
Immaginiamo la portata dell’evento di quella sera. Per la prima volta gli spettatori italiani, almeno coloro che avevano il privilegio di possedere già un apparecchio, nelle loro case vedono immagini collegate alle notizie e commentate in diretta. I servizi.
Un’esperienza del tutto diversa dai cinegiornali proiettati nei cinema prima del film. Sebbene il “collegamento”, nel senso vero e proprio del termine ha dovuto aspettare almeno un paio d’anni prima di avere luogo. Per la difficoltà tecnica della diretta avendo mezzi scarsi ed essendo tutto in fase di sperimentazione.
Giovanni Coccoresi, primo regista di servizi -perché prima la registrazione era affidata a tecnici- in un’intervista afferma che, all’inizio, la preparazione di un servizio era lunga. “Era un po’ tutto alla bersagliera, ci volevano 3-4 giorni, contro 1 ora e mezza di oggi, per preparare i mezzi e tutti eravamo manovali”. Il fatto di aver affidato ad un regista la buona riuscita del servizio, ed aver investito sui mezzi tecnici arrivando ad ottimi risultati in pochi anni, è rivelatorio di quanto per i giornalisti televisivi dell’epoca la qualità e la veridicità del servizio in diretta, dell’immagine, era diventata importante.
Soprattutto salvava dalle gaffe. In un’intervista, raccolta in un breve e curioso documentario RAI, il giornalista Bruno Ambrosi ammette:
“Le vere sfide tecniche sono arrivate nel ’53 alla luce dei grandi eventi, come l’incoronazione della regina Elisabetta II ma soprattutto i funerali di Stalin. In quell’occasione, non avendo ancora inviati, abbiamo speso del tempo per visionare le immagini che avevamo in repertorio, che mostrassero un corteo nella Piazza Rossa. Salvo poi accorgerci successivamente che alla testa di quel corteo c’era proprio Stalin vivo e vegeto!”
Da quegli esordi, grazie a quei pionieri del giornalismo, tutto è cambiato. O forse no.
Piero Angela, che con quel telegiornale ha cominciato, è ancora lì. Il suono di tromba e di ottoni che annunciava il 10 settembre quel primo Tg, come un araldo medievale con i proclami, è rimasto. Quello che cambia è il giornalismo.
Written by: Andrea Famà
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