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Arte

Il Cinema asiatico, perchè ci piace?

today10 Aprile 2021

Background
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È cominciato tutto silenziosamente, fino a diventare un tornado, un vento dell’Est che annuncia un cambiamento. Il Cinema asiatico sta prepotentemente invadendo il mercato dell’audiovisivo.

A partire dall’antesignano cult Old Boy, di Park Chan-Wook, premiato a Cannes nel 2004, al successo strabordante nel 2019 di Parasite, diretto da Bong Joon-ho, si può ormai dire che non è più solo un genere di nicchia, riservato ai pochi cultori abituati a “digerire mattoni “, ma un mondo che è destinato a crescere e fare proseliti.

Per una volta non dobbiamo chiederci come, ma perché. Perché il cinema asiatico ci piace?

C’era una volta…

cinema asiaticoInnanzitutto, dobbiamo andare alle origini e dire che siamo più fortunati. Non più bravi –attenzione- semplicemente fortunati. Se, da noi, in Europa e in Italia, la censura alla libera espressione per gli artisti è stata abolita “di fatto” solo recentemente dal ministro Dario Franceschini, sancendo legalmente una pratica di non ingerenza in atto già da millenni, in Asia è tutt’altra faccenda.

Esistono e persistono tuttora organi che controllano direttamente la divulgazione della cultura di cui il cinema e la musica fanno parte. La vecchia cara propaganda. Ma se questo controllo c’è stato e ancora c’è, vuol dire che i governi riconoscono al cinema il grande potere di influenzare le persone. Ho usato un termine improprio, propagandistico. Il cinema, la musica, l’Arte in generale, non influenzano. Fanno conoscere. Ispirano. Poi le singole persone decidono se esserne influenzate oppure no.

Ed è da notare che la stessa censura, o controllo, nel mondo asiatico, funziona solo in un senso. Puoi impedire ai cineasti e agli artisti di creare, di esportare, per usare una terminologia economico-pratica, ma non di importare. Controllare lo streaming e il web nelle singole case e sugli smartphone di ogni individuo è impossibile per quanto ci provino. Ed ecco che negli ultimi vent’anni sorge una generazione di cineasti che a pane e cinema sono cresciuti e ora vogliono emergere. Ma non è una rivisitazione del mondo occidentale. È un modo di vedere il mondo completamente diverso.

Il sogno americano

Il 2001 è un anno di rivoluzione. Si abolisce la censura in Corea, e in Asia si innesca un meccanismo del tipo: “se l’hanno fatto loro lo facciamo anche noi”. Liberi tutti, e chi ci ha guadagnato, per nostra fortuna, sono gli artisti, per una volta.

cinema asiaticoÈ l’anno in cui Stephen Chow, regista cinese, prende un genere famoso fin dai tempi di Bruce Lee, le arti marziali, e lo mischia a un archetipo essenziale della cultura occidentale, il calcio. Esce Shaolin Soccer, che usa tutti i canoni del film di arti marziali, la sfida, l’agonismo, l’onore, per raccontare qualcosa di diverso. In pratica cita Churchill che definisce così gli italiani: “…vivono una partita come se fosse la guerra e la guerra come se fosse una partita”. In realtà quello che racconta Chow è la cultura, il modo di vivere, le contraddizioni, non solo del suo Pese, ma di tutta la cultura asiatica in perenne confronto con quella occidentale.

Concetto ancora più manifesto, e più palesemente comico, nel film del 2004, Kung Fusion (Kung Fu Hustle). In questo film il rapporto è ancora più evidente perché prende una Cina perennemente attuale, e la sua cultura tradizionale, nell’ambiente di un gangster movie degli anni ‘30.

“The Winner is…”

Dopo varie incursioni cult nel mondo asiatico da parte di Hollywood, come metà dei film di Jean-Claude Van Damme e Steven Segal, e dopo un capolavoro apripista come il sopracitato Old Boy, la rivendicazione di peso si ha nel 2019 con Parasite, di Bong Jon-Hoo, che vince l’Oscar. Almeno quella verso il grande pubblico, perché da sempre il cinema asiatico è presente ai festival internazionali.

Parasite ha un grande merito, sembra una commedia di Goldoni. Usando la maschera comica ci presenta un mondo reale e soprattutto attuale. Via il kung fu e le arti marziali, scopriamo che c’è un mondo governato da modi di pensare e meccanismi dell’agire che da lontano sembrano completamente diversi. Non lo sono davvero. Anzi, la narrazione comica, che per un verso ci tiene a debita distanza, ci fa avvicinare a temi universali condivisibili, ma non confessati. Parasite, li spiattella così, a bella mostra come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Noi che siamo cresciuti con gli anime degli anni ‘80-‘90-2000 un po’ ci siamo avvezzi. Immagino che per l’Academy sia stato un colpo d’autore non indifferente.

La Kame-hame-ha

L’”onda energetica” che ha innestato nel cinema mondiale è evidente. Un cinema occidentale ormai saturo, impoverito culturalmente, carente di idee al punto da riciclare contenuti e personaggi fino allo stremo delle forze- tra poco esce Spider-man 25 a proposito- non può che trarre giovamento da un mondo che racconta storie in una chiave assolutamente diversa. Non sono i temi che mancano. È il modo di raccontarli che sta cambiando. Forse il mondo stesso.

Un mondo fatto di archetipi, arene, codificato in manuali disneyani di ogni sorta, sconvolto da un cinema che tutte queste cose le ha assimilate senza mai esserne contagiato. Eppure i temi sono gli stessi, anche nel mondo e, quindi, nel cinema asiatico. Siamo esseri umani.  Non stupisce che un mondo creativo e artistico, come quello cinematografico, si sia fatto gentilmente invadere e influenzare. Aspettiamo di vedere Nomadland di Chloé Zhao ai prossimi Oscar 2021 per dimostrare questa tesi.

È quello che ci serve, probabilmente.

 

 

 

Written by: Andrea Famà

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