Terminata l’infanzia, appena prima dell’inizio della pubertà, c’è un secondo periodo di sovraproduzione: la corteccia prefrontale fa crescere nuove cellule e nuove connessioni (sinapsi), creando perciò nuove vie per plasmare il cervello. Questo eccesso è seguito approssimativamente da un decennio di sfoltimento: durante tutto il periodo adolescenziale, le connessioni più deboli sono eliminate e le connessioni più forti sono rinforzate. Come risultato di questo sfoltimento, il volume della corteccia prefrontale durante l’adolescenza si riduce annualmente dell’1% circa. La formazione dei circuiti neuronali durante l’età che va dai 13 ai 19 anni ci prepara per le lezioni che ci verranno impartite lungo i sentieri che conducono all’età adulta.
Poiché questi massicci cambiamenti avvengono in aree del cervello preposte alle più complesse forme di ragionamento e al controllo degli impulsi, l’adolescenza è un periodo di intenso cambiamento cognitivo. La corteccia prefrontale dorsolaterale, importante per il controllo degli impulsi, è tra le regioni che maturano più tardi, infatti essa non raggiunge il suo stato adulto fin oltre i vent’anni di età.
Fino a una ventina di anni fa, si credeva che lo sviluppo del cervello fosse per lo più completato alla fine dell’infanzia. Oggi sappiamo che il processo di costruzione di un cervello umano prosegue fino ai venticinque anni. L’età che va dai 13 ai 19 anni è un periodo di riorganizzazione neurale e di cambiamento talmente importante da influenzare radicalmente chi sembriamo essere. Gli ormoni che corrono da tutte le parti del nostro corpo, causano evidenti cambiamenti fisici mentre assumiamo l’aspetto di adulti, ma, fuori dal nostro campo visivo, i nostri cervelli stanno subendo cambiamenti altrettanto significativi. Questi cambiamenti influenzano profondamente il modo in cui ci comportiamo e il modo in cui reagiamo agli stimoli del mondo che ci circonda.
Uno di questi cambiamenti ha a che fare con una emergente percezione di sé, che sfocia nell’autocoscienza.
Per capire come lavora il cervello degli adolescenti, David Eagleman e Ricky Savjani hanno condotto un esperimento molto semplice nel 2013. I due ricercatori hanno chiesto a dei volontari di sedersi su uno sgabello dietro la vetrina di un negozio. Hanno quindi tirato la tenda per esporre al mondo il volontario che guardava fuori, perché fosse fissato dai passanti.
Prima di mettere i volontari in questa posizione socialmente imbarazzante, hanno debitamente equipaggiato ciascuno di loro in modo da misurare la risposta emozionale collegando ogni volontario a un dispositivo sensoriale (GSR- Galvanic Skin Response) per misurare la reazione epidermica, un utile rilevatore per l’ansia: più le ghiandole sudorifere si aprono, più la tua pelle condurrà elettricità. (Questa, tra l’altro, è la stessa tecnologia usata dalla macchina della verità o poligrafo).
All’esperimento hanno partecipato sia adulti sia adolescenti. David e Ricky hanno riscontrato che lo stress negli adulti nasce dall’essere fissati da sconosciuti. Ma negli adolescenti la stessa esperienza ha causato emozioni sociali tali da mandarli in sovraccarico: mentre venivano osservati, i ragazzi erano molto più ansiosi, alcuni lo erano al punto di tremare.
Come mai c’è una tale differenza tra adulti e adolescenti? La risposta si trova in un’area del cervello chiamata corteccia prefrontale mediale (mPFC). Questa regione diventa attiva quando voi pensate a voi stessi, e specialmente al significato emotivo di una situazione che vi riguarda. La dottoressa Leah Somerville e i suoi colleghi dell’università di Harvard hanno verificato che quando un individuo cresce, passando dall’infanzia all’adolescenza, la sua mPFC diventa più attiva nelle situazioni sociali, raggiungendo il culmine all’età di 15 anni.
Per questo le situazioni sociali sono emotivamente pesanti da sopportare, provocando uno stress da imbarazzo di forte intensità. Quindi nell’adolescenza, pensare alla propria cosiddetta “autovalutazione” è una priorità assoluta. Per contro, un cervello adulto si è “abituato” a una coscienza di sé e, come aver collaudato un nuovo paio di scarpe, come risultato l’adulto, esposto nella vetrina di un negozio, non si sente particolarmente preoccupato. Oltre all’imbarazzo sociale e all’ipersensibilità emotiva, il cervello degli adolescenti è predisposto al rischio. Sia che si tratti di guidare velocemente, sia che si tratti di inviare messaggini sessualmente espliciti, i comportamenti rischiosi sono più allettanti per il cervello dell’adolescente che per quello dell’adulto. Molto di tutto questo ha a che fare con la nostra risposta a ricompense e incentivi. Mentre passiamo dall’infanzia all’adolescenza, il cervello, in aree connesse alla ricerca del piacere, mostra una crescente reazione alle ricompense (una di queste aree è chiamata nucleus accumbens). Nei giovani dai 13 ai 19 anni, l’attività cerebrale in queste aree, è tanto alta quanto negli adulti. Ma il fatto importante è che l’attività nella corteccia orbitofrontale (coinvolta nel processo decisionale, nella capacità di prestare attenzione e nella programmazione del futuro) nei bambini e negli adolescenti è ancora più o meno la stessa. Un sistema maturo alla ricerca del piacere, abbinato a una OFC immatura, significa che gli adolescenti sono non solo ipersensibili, ma anche meno abili degli adulti nel controllo delle proprie emozioni.
Oltre a ciò, Leah Somerville e il suo team hanno un’idea del perché la pressione dei coetanei condizioni fortemente il comportamento degli adolescenti: aree cerebrali coinvolte nelle valutazioni di carattere sociale (come la già citatat mPFC) sono più marcatamente abbinate ad altre regioni del cervello che traducono le motivazioni in azioni (lo striatum e la sua rete di connessioni). Tutto questo potrebbe spiegare perché gli adolescenti sono più propensi a rischiare quando attorniati dai loro amici.
Da adolescenti vediamo il mondo come conseguenza di un cervello che procede puntuale secondo la sua programmazione. Questi cambiamenti ci portano verso una maggiore consapevolezza di noi stessi, una maggiore tendenza a rischiare e a farci condizionare dai coetanei. C’è un messaggio importante per i genitori frustrati di tutto il mondo: chi siamo come adolescenti non è semplicemente il risultato di una scelta o di un atteggiamento, è il prodotto di un periodo d’intenso e inevitabile cambiamento neurale.
Di Andrea Valitutti
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