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Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Who Lives, Who Dies, Who Tells Your Story” – Hamilton
“Cantami, o Musa”
È così che inizia Il Canto di Calliope di Natalie Haynes ed è giusto che così inizi anche questo articolo.
Esistono tantissimi libri sull’Iliade e sull’Odissea, persone ri-raccontano o approfondiscono i personaggi dei poemi omerici. Se iniziassimo ad elencarli non finiremmo più. Il libro sopra nominato è entrambe le cose fuse insieme.
“Se davvero vuole capire la natura della vicenda epica che gli sto lasciando comporre, deve accettare che le vittime di guerra non sono solo quelle che muoiono.”
(Calliope – Natalie Haynes)
Omero, a suo tempo, creò milioni di personaggi, ma per molti di questi restano tantissime domande senza risposta –che, attenzione, non possiamo chiamare buchi di trama.- e nemmeno ce ne si rende conto. Come, ad esempio, qual è la fine di Cassandra (la principessa troiana che vedeva il futuro) dopo la caduta della città? Com’è morta Creusa (la moglie di Enea)? Ma Penelope ha tessuto quella maledetta stoffa per vent’anni?! Calliope –o Natalie Haynes, che dir si voglia. – ci risponde con il suo canto.
Le protagoniste del libro sono le donne, perché ormai la visione degli uomini la conosciamo già tutti. Le pagine ci raccontano la storia di eroine, greche e troiane, e della loro vita prima e dopo, di ciò che hanno provato e come hanno affrontato i progetti che il Fato aveva per loro.
“Una guerra non ignora metà della gente di cui tocca le vite. Quindi perché dovremmo ignorarla noi?”
(Calliope – Natalie Haynes)
Ci mostrano la speranza di Penelope, ad aspettare un marito che il tempo e la guerra hanno cambiato;
“Ma chi è tornato? Mio marito, l’uomo intelligente, intrigante, attraente, paterno, filiale? O un guerriero distrutto, così assuefatto agli spargimenti di sangue da pensare che ogni problema vada risolto con la spada?”
(Penelope – Natalie Haynes)
ma anche la distruzione di chi è sopravvissuto all’assedio della città, gli animi spezzati di chi ha ancora aria nei polmoni:
“Quando una città viene saccheggiata, si distrugge ogni cosa, perfino le parole.”
(Natalie Haynes)
C’è anche un insegnamento dietro questi capitoli, una lezione che a scuola non ci dicono quando studiamo l’epica: Un eroe non è per forza quello che con coraggio si getta nella battaglia, combattendo per un “bene superiore” -da leggere con la voce di Albus Silente.- , uccidendo i suoi nemici; non è il cavaliere dall’armatura scintillante animato da virtù e amore e tutto il resto.
Assolutamente no. Un eroe non è un guerriero, è la persona che vede l’orrore e viene toccata dal dolore e riesce a continuare a camminare, anche se ammantata da una pena così straziante da far fatica anche a respirare, tenendo la testa alta; cambiando, senza perdersi mai.
“Le morti degli uomini sono epiche, le morti delle donne sono tragiche: è questo il problema? Hai frainteso la natura stessa del conflitto.”
(Calliope – Natalie Haynes)
Written by: Ro Vendittelli
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