Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Crazy Clown Time” – David Lynch
Una sigaretta sempre accesa, un ciuffo di capelli che il gel tende invano di tenere a posto, la figura di David Lynch si riconosce subito. Famoso per i suoi film ermetici, per le trame bizzarre, per le incursioni surreali e i personaggi enigmatici, attorno a David Lynch si è ben presto riunita una cerchia di appassionati che provano a dare un significato a ciò che viene messo su schermo dal regista di Missoula.
I suoi film sono diventati veri e propri cult, film del calibro di Eraserhead, The Elephant Man, Mulholland Drive e Velluto Blu. Tutte pellicole in cui, sebbene molto diverse tra di loro, l’anima di Lynch è sempre presente. Questo grazie alle tematiche ricorrenti che il regista ha declinato in diverse forme durante tutta la sua carriera. Parliamo di temi come la rappresentazione dell’animo umano, dei suoi istinti. Parliamo della forte componente surreale che pervade tutta la produzione lynchiana. Quest’ultima, spesso incomprensibile, viene molte volte usata per accentuare il primo carattere elencato. Ciò a causa della rappresentazione onirica che Lynch dà dei suoi personaggi e del modo in cui si relazionano con l’ambiente.
Una tenera famiglia di conigli
Oggi però trattiamo di un’opera di Lynch meno conosciuta, ma egualmente interessante: la serie di cortometraggi Rabbits (Conigli). Ambientata unicamente in una stanza dall’arredamento spoglio – un divano, un telefono, due lampade ed un ferro da stiro – la serie segue le vicende di una famiglia di conigli antropomorfi – Suzie, Jane e Jack – alle prese con la loro vita familiare ed un mistero. David Lynch dà alla serie un’impostazione da sitcom vecchio stampo, con tanto di pubblico che reagisce alle azioni dei tre conigli. Quello che sembra già un incipit fuori dalle righe si arricchisce ancora di più grazie all’atmosfera resa dal regista.
Una scena di “Rabbits”
Una musica cupa e monotona in sottofondo, composta da Angelo Badalamenti, ci proietta già nel mood delle vicenda. Uno stato d’ansia costante prende possesso dello spettatore nel vedere questi tre conigli parlare di qualcosa che non è ben chiaro. Oltre a ciò, l’eccessiva staticità dei personaggi e le frasi scoordinate pronunciate da essi con voce monocorde sembrano quasi presagire l’arrivo di qualcosa di nefasto, un’attesa che diventa insostenibile. L’atmosfera è alienante: David Lynch crea una “sitcom” tetra, agghiacciante, ma sembra essere percepita così solo da chi la sta guardando.
Il pubblico non si cura di ciò che realmente sta accadendo, tutto è nella norma, tanto che le risate sopraggiungono in momenti totalmente privi di comicità. Trova divertente qualcosa che non lo è e questa sensazione mette ancora più a disagio lo spettatore, che finisce quasi per domandarsi se non sia lui quello strano. Al contrario di un pubblico radiofonico, che non è fisicamente presente sulla scena, quello della serie di Lynch è parte integrante della rappresentazione. Rabbits s’impone quindi come esempio della verve creativa di David Lynch, una verve che tocca quasi tutti gli ambiti dell’arte, dal cinema alla musica fino alle arti figurative. Tutti elementi che compongono i bagaglio culturale di un regista che ha fatto dell’immagine la sua carta vincente.
E proprio oggi 20 gennaio, data del suo compleanno, non possiamo non fare gli auguri a David Lynch, che tuttora, con i suoi film, continua a riempirci la mente di dubbi.
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