Soundtrack da ascoltare durante la lettura:”Changes” – David Bowie
Hunky Dory, uscito il 17 dicembre del 71 era l’inizio di un viaggio visionario. Soprattutto a partire dai testi: alieni, superuomo, il libro tibetano dei morti. L’inizio di una figura camaleontica che affascinerà tutti, a partire da Brian Eno.
David Jones, la prima maschera
David Bowie all’inizio degli anni 70 non era ancora nato. Prima c’era David Jones: un ragazzino capelluto e con i pantaloni a zampa d’elefante. Un proto-cowboy che si rifaceva a Hendrix e Clapton. Aveva pubblicato due dischi folk che flirtavano con le sonorità di Simon and Garfunkel e Bob Dylan. C’erano alcuni sprazzi di una personalità aliena, ma erano scintille isolate chiamate Space Oddity e The Man Who Sold The World.
Jones era un uomo deluso dalla svendita dei valori hippie, morti con il festival di Woodstock. Odiava il clima di ipocrisia che circondava la musica alternativa: le promesse da una generazione piena di sogni erano vendute al miglior offerente. Non restava più nulla.
La partenza verso la terra promessa
Stanco dei folk club che riusciva a riempire a malapena, partì per l’America. David Jones restò folgorato dai miti che si erano creati, mentre l’Inghilterra era troppo affezionata ai Beatles. Andy Warhol ma soprattuto Lou Reed: innumerevoli figure eclettiche e poliedriche alle quali verrà dedicata la seconda parte di Hunky Dory. Se prima l’Inghilterra aveva invaso gli Stati Uniti, ora i giochi si erano invertiti. Ritornato in Inghilterra si chiuse per registrare un disco che si allontanava dagli stilemi folk: il gusto per l’estetica si impossessò lentamente di lui. Un’ammirazione profonda per l’anti-stile che avrebbe portato alla morte di Jones e all’inizio dello spettacolo di Bowie.
Il “Rock col rossetto”
Il glam rock bussa alle porte, ma sono ancora accenni. Era l’iniziazione di David Bowie, che esplose definitivamente con Ziggy Stardust. Un vero e proprio manifesto d’intenti a partire dall’ambiguità voluta della copertina: una chioma folta e la posa di Greta Garbo. Una provocazione verso i canoni di genere rigidi della società.
L’impronta stilistica era quella dei T.Rex di Marc Bolan, che in più occasioni avevano provocato lo sconosciuto David Jones: una volta il frontman lo invitò ad aprire i suoi concerti. Non come cantante, ma come mimo. La prima cosa che gli disse quando si incontrarono è che aveva delle scarpe orrende. Bolan non lo rispettava e non ne aveva bisogno. Se voleva controbattere, avvenne dovuto farlo in musica e stile. Così nasce quello che Lennon maliziosamente ribattezzò come:”Rock col Rossetto”.
Un viaggio tra folk, famiglia e glam
La fortunata Changes apre la nascita di David Bowie. Una figura istrionica che personalizza il cambiamento, la messa in scena di una realtà nuova. Probabilmente più disillusa e disincantata, ma non meno rappresentativa. Con i suoi accenni di glam rock, fascino americano e attaccamento al folk, Hunky Dory passò piuttosto in sordina. Certo aumentarono i numeri, ma fu il rilascio del 45 giri di Life on Mars? che lo lanciò nella stratosfera. Il brano più che avere a che fare con lo spazio offre una carrellata di immagini consumeste, simbolo di evasione. Un brano criptico, pieno di strofe quasi senza senso, ma che affascina in ogni caso.
Le ultime tre tracce prima della chiusura sono il sunto dell’amore americano dell’artista:Andy Warhol, Song For Bob Dylan e Queen Bitch (pensata per Lou Reed). Non solo tributi ma vere e proprie rielaborazioni con un sound che omaggia e si evolve dai grandi. Un disco eclettico, fatto di alti e bassi, con una chiusura ancora più sorprendente: The Belaway Brothers. Il brano è oscuro, claustrofobico, memore di Sud Barret: non è un caso, perché il testo criptico è dedicato al fratellastro Terry malato di schizofrenia. Fu una storia inseguì Bowie per tutta la vita: mentre lui conquistò la grandezza, Terry conquistò la follia.
Hunky Dory è una dichiarazione fatta e finita della morte di David Jones. Al suo posto, nasce David Bowie. È l’inizio di un percorso visionario, alienante, affascinante.
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