La ricerca della felicità è insaziabile e implica un grave paradosso: la felicità, la cui vocazione sarebbe di realizzare un’identità sviluppata e una vita soddisfacente, è costretta a generare un racconto di mancanza che colloca gli individui in una posizione in cui qualcosa è sempre mancante: se non altro perché una felicità assoluta, o uno sviluppo personale completo, resteranno irraggiungibili.
Edgar Cabanas e Eva Illouz
La nostra società ci impone la felicità, non esistono insuccessi, ansie… No, tutto ciò è bandito, e dunque la specie umana è vittima dell’Happycracy.
Ma cos’è L’Happycracy?
Si tratta della scienza della felicità che condiziona la nostra vita. Per capire meglio di cosa stiamo trattando pensiamo a due persone che si incontrano e alla fatidica domanda che sorge spontanea tra di essi, ossia: “Come stai?”.
A seconda delle risposte che vengono fornite, si evidenziano diverse tipologie d’individui: vi sono coloro che rispondo abbastanza, gli incontentabili e chi invece ti racconterebbe tutta la sua vita. Ma c’è una categoria a cui bisogna fare attenzione, cioè a coloro che rispondono con un semplicissimo “benissimo, grazie”: ed è proprio qui che scattano i campanelli d’allarme, in quanto i profili da esaminare sono quelli di persone incerte, che non vogliono far trasparire la propria debolezza e rispondono sempre con un sorriso stampato in faccia.
Ma qual è la categoria di persone più soggette a questo tipo di fenomeno?
Sono i teenager, i quali vedono la felicità come un qualcosa di assoluto. Di fatti, gli studiosi affermano:
Devono a ogni costo essere e mostrarsi felici e questo supera qualunque frontiera culturale, sociale e razziale: permea le nuove generazioni in modo indiscriminato. C’è una richiesta opprimente di creare e poi comunicare via social una versione di sé solo positiva.
Edgar Cabanas e Eva Illouz
In fin dei conti possiamo affermare che tutte le emozioni sono fondamentali per la crescita e maturazione dell’individuo, l’importante sta nel saperle dosare…
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