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Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Cannibal” – Kesha
I pareri sulla cucina d’avanguardia e stellata sono spesso contrastanti: c’è chi apprezza l’idea artistica da cui origina il piatto, nonostante di commestibile ci sia ben poco, e chi sostiene con tutte le forze la cucina tradizionale, per quanto pesante e forse rozza. Non siamo qui per giudicare, a qualunque dei due schieramenti apparteniate, apparecchiate e mettetevi comodi: The Menu è servito streaming.
Tyler trascina Margot su una piccola barca che scorta loro e altri 10 commensali fino ad un’isola unicamente abitata dallo chef di un ristorante pluripremiato e dalla sua ciurma: loro tutti vivono per l’Hawthorne.
Tecniche incredibili, materie prime inimmaginabili, accostamenti geniali e piatti che a mala pena si possono mangiare. Ma se ci fermassimo ad un documentario sulla cucina sperimentale, The Menu non sarebbe definito come una commedia horror: di sconvolgimenti nella trama ce ne sono parecchi, in un climax crescente che finisce per far affondare le unghie nel divano allo spettatore. Inutile a dirsi, niente, in questo articolo, è uno spoiler: non andate cercando significati nascosti. Ma la definizione di commedia horror è sicuramente curiosa, perché raramente i due aggettivi insieme funzionano, uno dei due viene sempre a mancare: non si può ridere con il fiato sospeso, il risultato è imbarazzante, a tratti disturbante. Ma The Menu, incredibilmente, funziona.
È un fotogramma in particolare a lasciare completamente sconvolti, dopo il quale si pensa –o meglio, si spera – un’unica cosa: è finto, giusto?
Data l’assurdità dei piatti precedenti e del lavoro del team, ci si aspetta davvero di tutto: giochi di luci, di prospettiva, di ologrammi, anche se particolarmente macabri. Il limite tra realtà e visione artistica è troppo sottile per essere compreso e se qualcuno impazzisce, altri credono cecamente nella perfomance. Il clima di ansia e indecisione è sicuramente disturbante, ma anche abbastanza comico.
Davanti la prospettiva di essere considerati stupidi, banali o mediocri, anche i più intuitivi finiscono per dare ragione alla perfomance: ho pagato migliaia di dollari per questa cena, pensano, si sono semplicemente impegnati per rendere quest’esperienza indimenticabile. Che poi, alla fine, bisogna anche pagare il conto. Nella disperazione generale, si finisce per discutere sul metodo di pagamento, – facciamo alla romana? No dai, pago io, la prossima volta fai tu; questo giro te lo paga la rivista; accettate assegni?- in uno sprazzo di normale ipocrisia occidentale. E infine, perché piangere se possiamo berci su con un bicchiere di buon vino? Tra l’altro perfettamente abbinato con la portata. Perdere il contatto con la realtà finisce per diventare estremamente pericoloso. L’inquietudine e la stranezza attraversano tutto il menu, per ognuna delle 6 portate, fatta eccezione per una: il piatto supplementare. La gioia di mangiare che riempie di nuovo lo stomaco e riconnette alla realtà. Comico, come le cose più semplici siano le più efficaci. Spaventoso, come riusciamo a rovinarci da soli.
Scritto da: Alice Franceschi
Written by: Aurora Vendittelli
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