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Giuseppe Tomasi. C’è molto poco da dire.
Esistenza al limite di un passato nostalgico e un mondo da rivoluzionare. Un po’ come il Nostro. Tecnica, innovazioni… Sono gli ideali a mancare, gli stessi che costituiscono un’identità. Definizione malinconica…
Il panorama culturale e quello di un mondo antico. Ma paradossalmente rivoluzionario, se pensiamo al mondo tipico di oggi. Morale e innovazione. In un esempio.
La biografia di Giuseppe Tomasi non lascia trapelare nulla. Nobile, di antica casata, passa tutta la vita a leggere e a scrivere come uno scolaro. Tante parole. All’apparenza inutili. Se non fosse che ha cambiato un mondo con una frase.
Nasce oggi, 23 dicembre 1896, a Palermo. Carattere riservato, taciturno, fin dalla prima infanzia. Dedito alla lettura, e a un’antica nostalgia del passato. La ricerca di un tempo perduto, come Proust.
Forse per comprendere il presente. La vicenda letteraria di Giuseppe Tomasi è circoscritta a un caso, che si rivela essere il principale caso letterario del secolo. Infatti, l’autore non è mai riuscito a pubblicare i suoi romanzi, in vita. Sono tutti postumi. Densamente legati alla cultura e al modo di pensare del tempo, ma contro ogni opinione comune.
Ma tutti degni di nota. Basti pensare che il suo romanzo più famoso, una volta pubblicato, vince subito il Premio Strega, postumo, senza colpo ferire.
Certamente ciò che lo ha reso il Principe, di questa ideologia inconsapevole, è il romanzo che lo ha reso celebre.
“Perché tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”
Si è spesso tacciato l’autore di Romanticismo Anacronistico. Un mondo antico e di consolidata tradizione che viene rivoluzionato da una scossa. Giuseppe Tomasi, principe di Lampedusa, sarebbe nella posizione perfetta dell’imputato, in questo caso.
L’Italia del dopoguerra, di recente Repubblica, che ricorda un passato di principi locali, del dominio di un’isola… Non si può… ma che porta con sè una moralità che subito abbiamo dimenticato. Anacronismo? Vi stupirebbe il futurismo, piuttosto, o almeno la lucidità!
Non a caso il film che ne è stato tratto, il regista, anch’egli di aristocrazia, rispecchia le esatte posizioni prese dall’autore. Un popolarismo in voga in quegli anni densi di neo- realismo e di verità che difficilmente si riusciva a coniugare a un pensiero di un’epoca destinata a finire.
Infatti, il neorelismo è terminato, con sua grande fortuna. E l’epoca di riflessione sul recente, mai indagato passato, ha inizio. Per fortuna Di Giuseppe Tomasi. In effetti poco hanno in questione i suoi – e i successivi- romanzi con la tradizione letteraria. Un modo nuovo di pensare il passato per raccontare il presente.
Stile molto più cinematografico che di tradizione. I principi si lasciano andare a espressioni – e azioni – tipicamente popolari, piuttosto che mantenere l’aplomb.
Sicuramente la fortuna de Il Gattopardo ha contribuito a far terminare un’epoca densa di realtà contingente, per farcene apparire un’altra, il cui tessuto è ben radicato nel nostro modo di pensare e di agire. Ha interrotto l’epoca del neorelismo.
Etica, moralità, costume. Fascino di un mondo antico che la nuova Repubblica, che tutto ha rubato dall’aristocrazia, ha voluto proporre ai suoi cittadini.
Racconta di un’epoca che finisce, per cominciarne una nuova, che avrà, cinicamente, lo stesso esito della vecchia. L’indifferenza del mondo.
Written by: Andrea Famà
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