Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “All things must pass” – George Harrison
È difficile emergere tra personalità rumorose, specialmente se si concretizzano in un duo titanico come quello di Lennon e McCartney. Harrison, scomparso proprio oggi, 29 novembre, ormai 19 anni fa, lo sapeva bene.
Il soprannome che gli avevano affibbiato sembra uno scherno, “the quiet one”.Paul e John rilasciavano interviste ed erano una macchina di successo e soldi. Erano al centro dei riflettori. Lui stava lì, in disparte. In fondo la sua chitarra gli bastava.Video musicale All Things Must Pass
Harrison con il suo carattere meditabondo e in apparenza chiuso era agli antipodi rispetto ai suoi compagni, destinati a scontrarsi. Ma è qui che risiedeva la forza del chitarrista gentile che per anni, seppur con le dovute esitazioni, è stato la bilancia morale nel gruppo. Sa però che non si sarebbe potuto limitare ai cori per troppo tempo: come gli altri era un pozzo di creatività, sebbene i suoi compagni esplodevano con più vivacità. La sua pacatezza era il simbolo della sua concezione di musica tutta personale: per lui era un viaggio nei recessi dell’anima.
Poche canzoni, grandi capolavori
Il contributo compositivo di Harrison è minore rispetto al duo Lennon-McCartney, ma, non per questo, meno d’impatto. Something e Here Comes The Sun, due delle più belle canzoni dei Beatles, sono rimaste nel cassetto per molto tempo fino a che trovarono il loro posto in Abbey Road. Un album dallo spirito profondamente diverso rispetto a quelli precedenti. Ai fan piace pensare che sia stato l’abbandono di Harrison a far ritrovare alla band quello spirito di coesione che era mancato nel White Album.
Harrison si sentì ferito nell’orgoglio quando in quel periodo Paul criticò il suo modo di suonare. Il suo contributo lo dava in disparte, preferiva registrare con Clapton. Quei due brani divennero la sua grande occasione per dimostrare ai compagni che non era solo un numero, ma aveva qualcosa da offrire. E dire che Something era stata scritta per Joe Cocker, che rilascia la sua versione due mesi prima.
Martin e il resto della band si rimangiarono tutte le critiche fatte al “quiet Beatle”. Persino Lennon non si fece problemi a dire che era la più bella canzone di tutto il disco. Come Together allora era un fanalino di coda, solo la B-Side di Something.
Il lato inaspettato di Harrison
Harrison parlava poco, ma aveva una lingua pungente, figlia del sarcasmo radicato nella cultura inglese. Era così serio che spesso la gente non sapeva se stava scherzando o meno. Il suo approccio alla musica e alla vita da star era più scanzonato rispetto ad un McCartney che sempre aspirava alla perfezione. Il bassista era infatti la vittima preferita dei suoi scherzi. Una volta rispose ad una fan che gli aveva chiesto come pulire la sua macchina -assieme agli auguri di natale- con una guida meticolosa.
“Quando la macchina è -anche se potrebbe servire un bel po’ di acqua- pulita, lasciala asciugare per 20 minuti -ora puoi avere una tazza di tè-”.La lettera si chiudeva con una postilla che indicava dove trovare la macchina di McCartney. Il suo obbiettivo sarebbe stato quello di coprirla di fango. Harrison nella lettera l’aveva chiamata “la sua buona azione del giorno”.Ovviamente non era da prendere sul serio, ma è divertente sapere che dietro quello sguardo sempre sovrappensiero c’era anche un’anima sarcastica.
La carriera solista
Harrison tentò di affermarsi come solista già verso la fine degli anni 60, quando la macchina dei Beatles era ormai al limite. Wonderwall Music e Electronic Sounds furono pregni dello stile sperimentatore di Harrison che non aveva spesso occasione di emergere nel gruppo. Le sonorità sconfinarono spesso nei mondi orientali, soprattutto di quell’India che gli era rimasta nel cuore. Entrambi i dischi non furono un successo. Il secondo però venne stato ampiamente rivalutato e oggi viene riconosciuto come il primo disco di musica elettronica, inciso solo con il sintetizzatore Moog.
Harrison forse fu l’unico che vide la separazione dei Beatles come una liberazione. Aveva così tanto materiale inciso che avrebbe potuto produrre tre dischi. Ed è proprio quello che decise di fare. Il nome è All things must pass. Un avviso forse dedicato ai fan, ancora scossi per lo scioglimento del gruppo.
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