Il calcio è musica
Il rapporto indissolubile tra calcio e musica: due passioni che si intrecciano tra loro grazie alle opere dei cantautori italiani
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“Gabriele D’Annunzio non conosce che una regola di vita: lo sforzo senza tregua per superare sé stesso”. È così che lo descrive Ida Rubinstein, una delle amanti del Vate. Poeta, romanziere, giornalista, marinaio. La storia del Cattivo Poeta, narrata in tutte le sue gesta e diavolerie politiche, uscirà prossimamente sugli schermi.
Un uomo di potenza, d’impeto, crudele, sensuale. Prodigo all’amore dei cavalli, delle donne, dei profumi travolgenti e soprattutto al piacere dello sperpero. Gabriele D’Annunzio ebbe nella sua vita un rapporto conflittuale con il padre, ma riconobbe di aver ripreso da lui tutto ciò che nella vita lo ha rappresentato e reso noto. Fu accudito dalla madre, insieme alle tre sorelle che lo trattavano come un principe.
Nacque a Pescara, quando era appena avvenuta l’unificazione d’Italia, la quale viveva un periodo di politica non audace, pronta a rimanere inchiodata al suo suolo. D’Annunzio decise di riscattarsi nelle prime fasi della sua giovinezza, dopo aver vissuto l’infanzia in un collegio a Prato, e si trasferì a Roma provando un amore sensuale per l’eterna città.
Riferendosi all’amore del suo gigantesco ego, e non solo, Gabriele D’Annunzio si descriverà così: un uomo attratto dal piacere stesso della vita, costernato da sfarzosità scelte ad hoc.
All’inizio venne considerato uno scalatore sociale, affannato a ricevere le misere glorie dell’aristocrazia. Più tardi, soprattutto quando visse a Parigi, ogni circolo letterario, ed ogni festa nobile, lo etichettava come figura sfarzosa, o ancor di più: un campione di eleganza.
Il poeta decadente prese coscienza, in un’età pienamente adulta, che la sua vita era avvolta, avviluppata in un concetto ossessivo per il bello, per il piacere puro e solo dell’amore: tradimenti, scompigliature amorose, intrecci di fughe e passioni. Scoprendo che il piacere stesso della vita è fuggevole, fin troppo breve, e non si può andare a fondo, ma bisogna rimanere in superficie per godere del lusso e dell’istante visibile ai nostri occhi.
Dopo la pubblicazione del romanzo Il Piacere nel 1889, racchiuso nell’idea del piacere della vita stessa e della ricerca del bello, acclamato da una Roma Bizantina pronta ad accogliere il poeta su questa nuova facciata artistica, D’annunzio si sviluppa in un’altro campo, premendo sulle sue mille doti camaleontiche: il dramma teatrale e il palcoscenico.
In un colpo netto, conobbe quella che divenne per lui la sua maggior ispirazione di vita e nell’arte, colei che sviscerò la sua anima. Lei fu il suo unico idillio d’amore, il quale partì da dentro le viscere del poeta per poi sgorgare fuori a gran voce: La pioggia nel pineto, pubblicata nel 1902.
“Gli perdono di avermi sfruttata, rovinata, umiliata. Gli perdono tutto, perché ho amato”. Scrisse così Eleonora Duse, diva del teatro e della pioggia di D’Annunzio, in una delle lettere indirizzate a lui. Un rapporto tormentato, simbiotico e plateale, il quale terminò come tutti gli altri per l’inizio di un altro.
“Beati quelli che più hanno, perché più potranno dare e più potranno ardere. Beati i puri di cuore, beati i ritornati con le vittorie perché vedranno la bellezza trionfale d’Italia”. Il 24 maggio 1915 l’Italia entra in guerra e il poeta vate, ultra cinquantenne, decise di arruolarsi per combattere su tutti i fronti.
Marinaio, pilota, un uomo nazionalista che voleva affermare la sua gloria e il suo spirito combattivo patriota per l’Italia. Cadorna, il generale delle forze armate, disse che, se D’Annunzio avesse potuto parlare prima di ogni battaglia, questa sarebbe stata già vinta.
Nelle vesti del Cattivo Poeta, troviamo un maturo Sergio Castellitto che interpreterà un uomo bramoso di bruciante vittoria e di piacere della vita.
Written by: Francesca Aiello
Il rapporto indissolubile tra calcio e musica: due passioni che si intrecciano tra loro grazie alle opere dei cantautori italiani
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