Young ASCOLTA LA DIRETTA
Deep
Relax
Passion
Soundtrack da ascoltare durante la lettura:”Guajira Guantanamera” – Compay Segundo
Ci vuole tanto, troppo coraggio per essere scrittori e giornalisti in America Latina.
Il libero pensatore è un’incognita, un punto di domanda che, al tempo stesso, è una spina nel fianco delle autorità. L’amore per la verità non fa comodo in paesi dove vanno tutelati interessi politici ed economici a danno della popolazione. L’America Latina è fatta di risvolti tetri, ma anche gioia, colori e danze. Riassumere la complessità di una parte di mondo che spesso cade in narrazioni semplici e stereotipate è un’impresa titanica. Solo uno scrittore è riuscito a farlo: Gabriel García Márquez, scomparso sette anni fa.
Cent’anni di solitudine se ci si ferma al titolo sembra la storia di un vecchio solo, magari dal passato tormentato. È tutto lì, nel titolo. Invece no, perché in realtà il “mattone” di 370 pagine di Márquez nasconde molto di più. Proprio come l’America Latina.
Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendia si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio.
Così inizia la tragica storia del paese di Macondo, parabola della storia colombiana. Il villaggio nasce in una situazione primordiale, dove le cose non hanno nome e per nominarle bisognava indicarle con il dito. Finché non arriva il primo elemento di disturbo, gli zingari. La tenda che piantano a Macondo rivela invenzioni fantasmagoriche come la calamita e la lente d’ingrandimento, che José Aureliano pensa di brevettare per mostrare al mondo le potenzialità della guerra solare. Macondo è un luogo sospeso nel tempo, dove la morte non è mai la fine. Il banale è visto con lo stupore degli occhi di un bambino, lo straordinario è visto come ordinario.
Fantasia e realtà si intrecciano nel realismo magico e diventano un modo per parlare della tragica ciclicità dell’America Latina post-coloniale. La famiglia Buendia va di pari passo con la storia di Macondo: cambiano i personaggi, ma non le abitudini. Il futuro non è occasione per migliorare e crescere perché i difetti dei Buendia vengono trasmessi di generazione in generazione: ognuno è condannato a ripetere gli stessi errori. Questa spirale discendente è lo specchio dell’America Latina, luogo che cade in ginocchio ma ogni volta si rialza pieno di vita.
Il discorso di accettazione del Premio Nobel di ricorda agli europei di andare oltre la narrazione superficiale per mettersi per una volta nei panni dell’altro. Esulare certi paesi dal discorso mondiale, condannarli alla solitudine, è l’ultima istanza dell’ignoranza. Márquez è severo con la sua patria, ma non scivola in vittimismi facili. Sa che un futuro è possibile, ma sta alle persone costruirlo.
Davanti a questa spaventosa realtà che attraverso tutto il tempo umano dovette sembrare un’utopia noi, inventori di favole che crediamo tutto, sentiamo il diritto di credere che non è ancora troppo tardi per intraprendere la creazione dell’utopia contraria, Una nuova e devastatrice utopia della vita, dove nessuno possa decidere per gli altri persino il modo di morire, dove sia davvero vero l’amore e sia possibile la felicità, e dove le stirpi condannate a cento anni di solitudine abbiano alla fine e per sempre una seconda opportunità sulla terra.
Written by: Mariahelena Rodriguez
America Latina Cent'anni di solitudine Gabriel García Márquez
tempo lettura 3 min
© 2023 voicebookradio.com Cod.Fiscale 97824430157 - P.Iva 10494570962 - Licenza SIAE n.6671 - anno 2023
Post comments (0)