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Tenere un diario aiuta a gestire e comprendere le emozioni, ma a volte può non essere abbastanza per sciogliere i nodi più stretti al pettine… E allora leggere di altre persone, idee ed esperienze, fa sentire un po’ meno soli. Esistono diari di avventure magnifiche, ma i più affascinanti rimangono quelli in cui il protagonista viaggia pur restando lì, nella sua testa: il diario di Lili Elbe è un’eterna scoperta.
Lo avevamo accennato nell’altro articolo dedicato alla trasposizione cinematografica della sua incredibile storia. Inizia tutto con un gioco, ma finisce per diventare reale, tangibile più della vita stessa. Il film e il libro da cui è tratto sono chiaramente molto romanzati, ma la storia di Lili è vera ed ispira a rincorrere la propria felicità, con qualunque mezzo e a qualunque costo, da generazioni.
Quando Lili morì nel settembre del 1931, un suo amico, Niels Hoyer, decise di raccogliere brandelli di storia sparsi qua e là – pagine di diario, conversazioni, testimonianze – e ricucirli in un unico libro, “Man into Woman”, passato alla storia come il diario di Lili Elbe.
“Al lettore non familiare con le infelici strade secondarie delle patologie sessuali, la storia narrata in questo libro deve apparire assurda. Per quanto possa sembrare incredibile, è vera. O, meglio, i fatti sono reali, ma credo ci sia spazio per le differenze d’opinione nell’interpretazione dei fatti”.
-Niels Hoyer, introduzione a “Man into Woman”
Con l’aiuto di qualche citazione, voglio provare a conoscere due di queste “strade secondarie”.
La prima: la speranzosa vita parigina di una Lili che non conosceva nessuno. Ad un certo punto della transizione, Gerda e Lili si trasferiscono a Parigi per sfuggire al bigottismo della Danimarca ed è lì che Lili può finalmente vivere la sua vita in libertà: nessuno la conosce come Einar.
Può essere chi vuole, vestirsi come vuole, posare per sua moglie e ricevere complimenti celata sotto l’ombra di una misteriosa modella senza nome. I quadri di Gerda in cui appariva Lili vendevano più degli altri, eppure:
“ ‘Recitare una parte in pantaloni vi dona mirabilmente, mademoiselle’, sogghignò l’individuo. Quando mi sono girata con una protesta energica, il tizio se la svignò via, esclamando: ‘ci sono troppi bluff di questi giorni, ma petite demoiselle’. Se prima mi fosse stata detta una cosa del genere da un uomo, lo avrei abbattuto.”
-Lili Elbe, “Man into Woman”
Lili doveva esibirsi a teatro, grazie all’aiuto di vecchi amici che finiscono, però, per prendersi gioco di lei. Non riconosceva più il suo corpo, si sentiva a disagio ad essere toccata e neanche Parigi sembrava poterle dare il sollievo che cercava: una fuga non sarebbe stata abbastanza.
La seconda: le operazioni a Dresda. Lili si sottopose a ben 5 operazioni che più di transizione, potremmo definire come di separazione di due gemelli congiunti.
“Qui nel mio corpo malato combattevano due esseri viventi, separati l’uno dall’altro, estranei l’uno all’altro, ostili l’uno all’altro, per quanto compassionevoli l’uno con l’altro, perché sapevano che questo corpo aveva spazio per uno solo di loro”.
-Lili Elbe, “Man into Woman”
Si dice soffrisse della sindrome di Klinefelter, un gruppo di malattie cromosomiche per cui un individuo presenta almeno un cromosoma X in più rispetto alla coppia normotipo XY; si pensa che Einar avesse già sviluppato delle gonadi femminili e che Lili le avesse in qualche modo percepite, ma nulla è certo. Era dispiaciuta per chi dei due non ce l’avrebbe fatta, ma, come lei stessa racconta, non faceva altro che sognare la primavera dopo l’inverno: tra un’operazione e l’altra sognava la neve, poi i fiori e il sole che avrebbe visto, anche se per pochissimo, da donna. Man into Woman è stato venduto tantissimo ovunque, tranne che in Italia, chissà perché: ma i tempi sono cambiati ed è arrivato il momento di dare dignità a storie incredibili come questa.
Scritto da: Alice Franceschi
Written by: Aurora Vendittelli
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