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Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Born this way”- Lady Gaga
“Leggere un libro non è uscire dal mondo, ma entrare nel mondo attraverso un altro ingresso.” Fabio Caramagna
Vi starete chiedendo quale può essere un altro ingresso, una prospettiva diversa, oppure un angolazione spostata più ad ovest, per entrare dentro la storia di un libro.
Dalla voce di Davide nella Rubrica Tre Pagine, ho deciso di estrapolare l’anima di una storia da lui raccontata e l’essenza di un autore per attualizzarlo ai giorni nostri, in questa nuova rubrica: Fra le righe.
“Girandosi, guardò la baia, e laggiù, certo, scivolando a intervalli regolari sulle onde, prima due lampi veloci, poi uno lungo e durevole, c’era la luce del Faro. L’avevano acceso.”
Tutto è vivo e in movimento, nonostante appaia immobile e silenzioso a un primo sguardo. Il ticchettio insistente dei minuti che scandisce il tempo nella casa delle Ebridi. E’ statico e dinamico allo stesso tempo. Il silenzio sembra suonare la campana della vita quotidiana, ma lo scricchiolio delle porte mosse dal vento, la polvere che si posa sui mobili e lo scolorirsi delle pareti, nascondono il fulcro della storia tra i due coniugi: Mrs e Mr Ramsey. Vi chiederete come.
Il nido dei Ramsey è quella che potremmo definire ad oggi “La famiglia del Mulino Bianco”. Le figure stereotipate riecheggiano nel monologo interiore di Virginia Woolf che riflette sui personaggi, tra cui Mrs Ramsey. All’apparenza l’immagine di lei accanto alla finestra, sferruzzando, scrutando le condizioni del tempo, può far sembrare che voglia esaudire i desideri della sua famiglia portando i suoi figli in gita al faro, ma dentro di lei vi è una mano tesa che vuole spingerla oltre. Oltre la sua vita.
Virginia Woolf non è altro che l’alter ego della protagonista del libro “Gita al faro”. Sempre ben composta, attenta ai minuziosi desideri dei figli e del marito. Una figura che inizia ad andare stretta ad entrambe le donne. E’ un mostro ingombrante, che tentano tutte e due di nascondere all’interno delle quattro mura.
Per questo Virginia esagera quando descrive i dettagli della casa. In apparenza sembra accogliente, ma è inevitabilmente spenta dalle lancette del tempo. Entrambe non vogliono sottostare alle prevaricazioni del marito, anzi vogliono combattere per stabilire una propria identità.
Perché proprio il faro? E’ come se Virginia Woolf volesse creare una metafora. E’ come se il farò rappresentasse il desiderio vitale, la stabilità, quasi fosse impassibile, ma contornato da ciò che gli dona veramente vita: il mare.
Come direbbe Nick Drake: “Un giorno anche il nostro oceano troverà la sua deriva.” Qual è il mare che potrebbe inondare la Woolf, ridandole vita, immaginandola ai giorni nostri?
Un segreto che nasconde c’è, quello che potrebbe darle un pizzico di immaginaria, ma folle felicità…
“Quando la vita si ritraeva per un istante, la gamma delle esperienze pareva non aver limiti.” Virginia Woolf
Quando la vita si ritrae, Virginia ad oggi, prenderebbe in mano la sua libertà, l’aria di voler combattere per i suoi principi. Di conseguenza, inizierebbe a concedersi mille esperienze. Una in particolare è quella omosessuale.
Virginia si lamentava per come il marito le scandiva le giornate, approvando o impedendole questo o quell’impegno. Era destinata a vivere in una gabbia d’oro, nella quale l’aria della sua libertà non cantava più. Forse l’abitudine ad essere succube, l’accondiscendenza a non vedere oltre quell’orizzonte che è la vita. Il volersi accontentare.
Fin quando, l’esigenza di schiudersi verso l’indipendenza, la voglia di voler accendere quel faro, accogliendo il mare dentro di sé, per odersi la vita: amando altre donne.
Lei donna guerriera, ad oggi avrebbe fatto fuochi e fiamme per combattere, attraverso la sua arte, i diritti degli omosessuali. Ai nostri tempi, magari avrebbe trovato il coraggio, la spinta a voler dire “basta fingere e nascondersi.”
Contornata da carri giganti, drag queen che sfilano con costumi appariscenti, solo per l’orgoglio della proprio individualità. Nel 2011 a Londra, mentre Lady Gaga canta, osannando il nome del Pride con Born this Way, avrebbe sfilato anche lei lì, nel mezzo, dimostrando a sé stessa la sua fragilità e potenza di donna.
Written by: Francesca Aiello
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