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Cultura

Fra le righe: “Il segreto della curatrice” e la diversità

today21 Maggio 2021

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Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “A bocca chiusa”- Daniele Silvestri

“Ogni lettore, quando legge, legge se stesso” Marcel Proust

Ed è come se piovesse incessantemente, in una città che non ha identità e voi siete stranieri in questa terra, in cui nessuno vi ha chiesto il permesso di entrare. Non sapete dove andare. Persi nell’aspettativa dei vostri pensieri, così fatiscenti, illusori, trovate un rifugio. L’unico dove vi sentite al sicuro, dove le parole vi accolgono in quella casa, che è solo vostra: il libro.

Voglio prendervi per mano, facendovi correre a perdifiato, saltellando da una riga all’altra, alla storia di oggi: Il segreto della Curatrice. Letto da Davide in Tre pagine, accogliendovi con un inchino e una riverenza in questa rubrica: Fra le righe.

Vi siete mai chiesti dove riponiamo i nostri segreti più reconditi?

“In particolare me ne colpì uno, un dipinto a olio su tela: un albero, completamente spoglio, dominava la scena da sopra una collina; ai piedi di quest’ultima c’era invece un bosco rigoglioso, costituito da una varietà di alberi di tutte le forme e i colori. Stilisticamente non era davvero nulla di ché, eppure per me acquistò subito un significato: la mia casa era quell’albero…O forse lo ero io.” Laura Usai

Rovesciamo la storia del libro di  Laura Usai “Il segreto della curatrice”, così tanto da far impazzire la sabbia nella clessidra. Quest’ultima è il racconto che tiene unita la vicenda, mentre la sabbia rappresenta le parole che facciamo scivolare per arrivare ad una conclusione: ognuno di noi ha un segreto, ma questo ci rende davvero diversi? O forse siamo noi che vogliamo nascondere quei mostri nell’armadio, per dare un’apparenza diversa da ciò che siamo veramente.

Tutti abbiamo un vaso di pandora, più che un armadio dove conserviamo cimeli passati di cui non ci liberiamo, in cui all’interno celiamo ciò che ci rispecchia perfettamente, ossia quello yang, di cui vi parlavo. Invece lo yin è quello che mostriamo realmente. Nella società odierna tutto quello che viviamo, attraverso i nostri sensi, la inseriamo nel database del telefono. Ed ecco qui il nostro vaso di pandora.  In questo oggetto, anzi come alcuni la definirebbero “la scatola nera” dei nostri pensieri, inseriamo i segreti più reconditi: passioni inespresse, amori nascosti, bellezze mai esposte. Insomma, tutto ciò che ci rende diversi dagli altri. In fondo, c’è ancora un concetto che non riusciamo a comprendere: la diversità è il nostro punto di forza.

Ed è un pensiero che mi perseguita, perché scavando a fondo nella mia tana della curiosità, specchiandomi negli occhi dell’altro, in maniera così viscerale, provo ad  immaginare quale sia il segreto che l’altro si porta dietro. Ed è ciò che succede a Gwen, la cucitrice, la donna a cui Davide dà voce in Tre Pagine. Quella che viene definita la strega del villaggio, colei che conserva un grande segreto, che la rende diversa dagli altri.

Il “segno” della diversità, dentro l’eco della vita

“Avvertiva costantemente la mancanza di qualcosa che la faceva sentire incompleta. Ogni tanto le sembrava di essere come la barca del dipinto appesa sopra il suo letto: in mezzo un pare in tempesta, in balia delle onde, senza alcuna direzione in cui andare.” Laura Sai

Nutrire la linfa vitale degli abitanti, seppur spenta dal bruciante tempismo della vita: ed è questo il potere di Gwen. Curare le ferite altrui, ma ciò che più mi fa riflettere è che, prima ancora di scoprire l’effetto benefico della sua dote, veniva emarginata perché la sua diversità veniva vista come un deficit malefico, un potere che distorce la realtà.

Ed è ciò che succede nella realtà odierna, perché c’è una visione fuorviante dentro di noi.  Il progresso di integrazione della “diversità”, come normalità, finalmente ad oggi ha preso forme diverse e “segni” diversi.  Inevitabilmente penso alla comunità dei sordi che venivano denigrati, perché il loro era un linguaggio composto da “gesti” inusuali, devianti, senza alcun senso specifico.

Finalmente la Lis oggi, diventa ufficiosamente lingua dei segni italiana, consacrata nel campo dell’arte, come appunto: l’arte del silenzio. Si può comunicare, trasmettendo ciò che si ha dentro, teatralizzando, le proprie emozioni, attraverso le mani, le quali diventano vera e propria opera d’arte. Evocando una realtà che a parole è impossibile immaginare. La Lis è una lingua immaginativa, esplosiva, persuasiva, emozionante. Ed è così: teatrale e reale, allo stesso tempo.

 

Ed è così la diversità, citando Elon Musk, affetto da Sindrome di Asperger:

“Lo so che a volte dico o posto cose strane, ma il mio cervello funziona così. A chi si fosse offeso posso solo dire: ho reinventato le automobili elettriche e sto mandando astronauti su Marte in una nave spaziale: pensavate davvero che fossi un tipo normale e rilassato?”.

 

 

 

 

 

 

Written by: Francesca Aiello

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