Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “ Just a Man“ – Jorge Rivera-Herrans
Venerdì scorso avevo scritto e riportato un’intervista sull’ identità, perciò, come al solito, ho fatto anche i compiti per casa – ed è una cosa abbastanza strana: 9 volte su 10 mi faccio passare anche gli appunti per studiare– e mi sono accortə che due articoli non basteranno. La conoscenza di sè, della propria identità, è uno dei passatempi più antichi della storia dell’umanità, quindi ci sono troppe cose da dire.
“Non so che cosa sia peggio: non sapere chi sei ed essere felice, o diventare quello che hai sempre voluto essere, e sentirti solo.” – Daniel Keyes
La tana del Bianconiglio
Per prima cosa, lasciatemi mettere le mani avanti: io la risposta alla domanda esistenziale per eccellenza non ce l’ho. È dai tempi degli antichi greci e ancora prima che esistono le crisi di identità e, come dice ZeroCalcare:
“E se questo nodo non l’hanno sciolto i greci, che erano dei bei secchioni, non è che lo posso sciogliere io.” – ZeroCalcare, Strappare Lungo i Bordi
Partiamo dall’inizio: noi viviamo, ogni giorno, la nostra vita, le nostre giornate, la quotidianità tranquilla, serena e mortalmente monotona e va bene così. Poi arriva un pensiero non nostro, uno di quelli che vengono definiti “intrusivi”, e iniziano le domande. Ma Perché? Come è possibile? L’avrei fatto veramente? Quel pensiero è veramente non mio?
E il livello di paranoia sale. –La vita non è un videogioco e la paranoia non è una barra di forza solo perché, altrimenti, c’è chi farebbe troppi level up in una volta-. Cerchiamo di calmarci con delle risposte, ma ormai la testa è un fiume in piena e siamo già alla tappa “Chi sono? Dove sono? Perché sono?”. – Se non cogliete la citazione, arriva il disonore supremo sulla vostra mucca.–
“Io non so veramente o lo so male, ciò che sono e faccio in questo momento. Lo saprò più tardi oppure mai. Ma non in questo momento.” – Fabrizio Caramagna
È tutta colpa di Bruno
In realtà, ed in effetti è vero, non è scontato farsi venire così tanta ansia gratuita: Pirandello ha basato la sua carriera sui personaggi che avevano crisi di identità improvvise. -Insegnanti di italiano, per favore, non fate caso ai concetti imprecisi-.
“Ciò che conosciamo di noi è solamente una parte, e forse piccolissima, di ciò che siamo a nostra insaputa.” -Luigi Pirandello
Una crisi d’identità in piena regola
L’origine di questa bellissima indagine antropologica e filosofica si può ricondurre a René Descartes, per gli amici Cartesio. Non fraintendete: non è che i sumeri non si facessero queste domande, semplicemente è stato lui, con il suo famosissimo “Cogito, ergo sum”, a spostare l’attenzione della filosofia dall’esterno, all’interno. E questo ha portato ad un aumento pauroso del numero di persone che si facevano queste piacevolissime domande.
Il cane che si morde la coda
Possiamo pensarci quanto vogliamo, ma alla fine, quando ci dovremo presentare, risponderemo comunque con il nostro nome e questo si traduce in un ossimoro di proporzioni bibliche.
Noi in questo momento
Le ultime generazioni di umani, infatti, detestano le etichette, o comunque, ci sono opinioni molto contrastanti in merito, però anche il nostro nome non è un’etichetta? Non è qualcosa che ci limita?
“Il Bruco si tolse di bocca la pipa e, con voce languida e assonnata, chiese: «E tu chi sei?» […] Alice rispose con voce timida: «Io… io non lo so, per il momento, signore… al massimo potrei dire chi ero quando mi sono alzata stamattina, ma da allora ci sono stati parecchi cambiamenti».
«Che vuoi dire?» disse il Bruco, severo. «Spiegati!»
«Mi dispiace, signore, ma non posso spiegarmi,» disse Alice «perché io non sono più io; capisce?»” – Lewis Carrol, Alice nel Paese delle Meraviglie
Quindi siamo intrappolati in questo labirinto di vicoli ciechi, chi gira in tondo, erroneamente, con la convinzione di trovare, alla prossima svolta, un percorso diverso e chi si sente libero di errare e girare in cerca di niente fra gli alti filari erbosi.
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