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Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Un Blasfemo” – Fabrizio De Andrè
Chissà come reagirebbe ora, Fabrizio De Andrè, nello scoprire che anche dopo 24 anni dalla sua scomparsa, riecheggiano ancora in tutta Italia le sue parole. Infatti, l’11 Gennaio, grandi gruppi di ragazzi, adulti e anziani, si sono raccolti nei centri delle città per intonare le sue canzoni. Fisarmoniche, chitarre, violini e flauti, ad accompagnare.
“Perché scrivo? Per paura. Per paura che si perda il ricordo della vita delle persone di cui scrivo. Per paura che si perda il ricordo di me.”
– Fabrizio De Andrè
Sono piccoli eventi autorganizzati, per omaggiare le parole di quest’artista che, piuttosto che essere offuscato dal tempo, continua a scuotere i cuori di chi lo ascolta. Una musica che si fa sentire, che racconta dell’uomo, della sua vita e delle sue fragilità. Temi tremendamente attuali. Parole che ridanno dignità a chi è stato dimenticato ai margini.
La cantata anarchica è nata nel 1999, anno della morte di Faber. Quando Radio Popolare raccolse commemorazioni e ricordi dell’artista, un ascoltatore propose in diretta di vedersi la stessa sera a Piazza Duomo a Milano, con chitarre e fiato in gola.
“Ricordo ancora quella sera con una grande emozione; per terra avevamo messo dei lumini e c’era qualche bottiglia di vino sparsa qua e là. La cantata l’abbiamo nel cuore. È qualcosa che appartiene a tutti, il piacere di ritrovarsi insieme a cantare, suonare, bere vino e a ricordare un grande artista senza altri fini”
-Andrea Giuseppe Boldini
Andrea Giuseppe Boldini – uno dei principali promotori della cantata – ricorda così quella serata. Da allora, molte cose sono cambiate, eppure, il sentimento è rimasto illeso.
La cantata non era- e tutt’oggi è così – a scopo di lucro. Si trattava di un momento sociale, a cui chiunque era invitato a partecipare. Piano piano, sempre più anime salve si aggregarono e, allo scopo di sponsorizzare gli incontri e attirare sempre più persone, su Facebook iniziò a navigare l’iniziativa, sotto il nome di “cantata anarchica”, in omaggio alle idee rivoluzionarie di De André.
“Se posso permettermi il lusso del termine, da un punto di vista ideologico sono sicuramente anarchico. Sono uno che pensa di essere abbastanza civile da riuscire a governarsi per conto proprio”
-Fabrizio De Andre
Ed è così, allora, che quest’anno – come ogni altro – sulla pagina Instagram di cantataanarchica.roma.faber, si è organizzato l’appuntamento a Roma. Proprio come in molte altre città d’Italia, come Milano, Torino, Bergamo e, ovviamente, Genova. Dalle 8.00 di sera, i testi e le poesie di Faber, hanno riecheggiato in tutto il Paese, celebrando e ricordando il grande autore.
Donne e uomini di tutte le età, dai più piccini ai più maturi. Un gruppo eterogeneo e affiatato che, affacciandosi alla Terrazza del Pincio, aveva dedicato a Roma il ricordo di uno dei più grandi protagonisti del panorama del cantautorato italiano. È difficile esprimere l’atmosfera che si respirava quella sera. Si percepiva un clima così solidale, come se tutti condividessero le stesse emozioni.
Le canzoni di De André sono poesie che raccontano storie, che trafiggono il petto come lame. Parole che traducono sentimenti e che parlano a tutti, forse perché sono rivolte a tutti. Seduti per terra con le gambe incrociate, chi con una chitarra in mano, chi con una birra e chi stonando malamente. Ma si dai, che ci importa. Tanto è come stare in famiglia e chi è solo non è solo, si ritroverà anche lui a cantare. In sottofondo, oltre le sagome del pubblico, la vista sulla Città Eterna. Insomma, una fotografia meravigliosa che ritrae con entusiasmo e nostalgia, un pezzo di storia che non potrà essere facilmente dimenticato. E allora, lasciamo scivolare le dita lungo le corde e gridiamo alla sera queste parole, affinché non vengano mai dimenticate.
Scritto da: Laura Cervelli
Written by: Aurora Vendittelli
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