Lo studio dell’Azienda Ospedaliera di Pisa con l’Istituto di Neuroscienze del CNR
Si definisce ambliopia (o occhio pigro) quella serie di disturbi della vista che solitamente si rendono manifesti entro i primi 10 anni di vita di un individuo e che prevedono una riduzione della capacità visiva, tanto nello spazio quanto nell’acutezza. Lo studio dell’Azienda Ospedaliera di Pisa, in collaborazione con l’Istituto di Neuroscienze del CNR, è stato mirato proprio a comprendere come affrontare il problema in maniera alternativa rispetto ai sistemi odierni (uno tra tutti, il bendaggio dell’occhio sano), soprattutto nei pazienti adulti, dove l’ambliopia è più difficile da trattare, a causa della riduzione di plasticità cerebrale tipica della maturità.
Dallo studio, pubblicato sulla rivista Annals of Clinical and Translational Neurology, è emerso che, in effetti, l’attività fisica rappresenta un valido alleato per migliorare gli effetti negativi dei disturbi dell’occhio pigro.
Durante l’esperimento, 10 adulti affetti da ambliopia sono stati sottoposti per tre giorni consecutivi ad un breve periodo di deprivazione visiva dell’occhio ambliope: utilizzando solo l’occhio sano, il gruppo di soggetti ha dovuto alternare la visione di film a brevi intervalli di attività fisica alla cyclette, poi altrettanti minuti di riposo, e così via per tre ore al giorno. In seguito, questo trattamento è stato ridotto a un giorno a settimana per le successive tre, mantenendo però le stesse modalità.
Invece, al gruppo di controllo è stato richiesto di attenersi ad una deprivazione visiva senza attività fisica.
Il dato sorprendente è stato rappresentato dal marcato miglioramento delle capacità visive del primo gruppo di volontari in relazione al secondo, sia dal punto di vista dell’acuità, sia da quello della profondità.
Gli studi condotti su modelli animali evidenziano che l’attività visiva potenzia la plasticità cerebrale, ossia la capacità dei circuiti del cervello di cambiare struttura e funzione in risposta agli stimoli ambientali. (…) La chiusura dell’occhio ambliope quale strategia per favorirne il recupero è confermata come efficace. Il paradigma più usato, in questo campo, prevede lunghi periodi di occlusione dell’occhio sano, per contrastarne la predominanza e favorire l’uso dell’occhio pigro. Il lavoro pubblicato mostra invece che la chiusura dell’occhio ambliope, se avviene in condizioni che favoriscono la plasticità omeostatica, offre scenari di trattamento insperato e ancora tutti da esplorare, anche se è effettuata in periodi di tempo molto brevi.
Spiega il ricercatore dell’Istituto di Neuroscienze del CNR, Alessandro Sale.
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