Di cosa parla. “Le idee migliori non vengono dalla ragione, ma da una lucida, visionaria follia.”
L’Elogio della Follia è quello che si potrebbe definire un vero e proprio caso editoriale cinquecentesco. Nato dal genio dell’umanista Erasmo da Rotterdam come saggio di stampo satirico volto a suscitare il riso dei compagni e nulla più, tale scritto è stato poi pubblicato dai suoi stessi amici, ottenendo un subitaneo successo a livello internazionale. Quest’opera alquanto bizzarra ma tutt’altro che sciocca ha come narratore nientemeno che la Follia in persona, la quale accoglie i lettori alla stregua di graditi ospiti sull’uscio di casa e li invita ad addentrarsi tra le pagine del libro, ad accomodarsi, e ad ascoltare il suo magnifico auto elogio. Per presentarsi e descriversi all’umanità, la Follia (nota anche come Morìa) imposta il proprio discorso andando innanzitutto ad illustrare le proprie divine origini: essa afferma di essere figlia di Pluto (dio della ricchezza e della giovinezza), di essere stata cresciuta e pasciuta da Ubriachezza ed Ignoranza, e di avere in Vanità, Adulazione, Accidia, Piacere, Dimenticanza, Intemperanza, Sonno, Demenza e Licenziosità i suoi più cari amici.
“l’intera vita umana è solo un gioco, il semplice gioco della Follia.”
Con la schiettezza propria di chi parla ad un ascoltatore con cui si trova in gran confidenza, la Follia racconta senza troppe cerimonie né tantomeno falsa modestia le ragioni per cui la sua persona sia di vitale importanza nel mondo dei mortali e nei loro rapporti interpersonali, in quanto portatrice di allegria, creatività, felicità, spensieratezza e persino di vita.
“Eppure, ve lo assicura la Follia in persona, uno è tanto più felice quanto più la sua Follia è multiforme.”
Morìa è il motore propulsivo della realtà, eternamente ed intimamente insita in ogni singolo aspetto dell’esistenza. Solo chi, pervenuto a questa consapevolezza, si lascia guidare dalle passioni e dall’istinto, può considerarsi veramente saggio.
Come la narratrice rimprovera con caustica ironia, coloro che vivono nella repressione di ogni genuino impulso, che hanno la pretesa di pervenire alla conoscenza del tutto inseguendo la cosiddetta “razionalità”, e che si attaccano a tutto ciò che è terreno e perituro, la gloria, le ricchezze, il lusso (il riferimento tra le righe alla Chiesa è già chiaro), non sono altro che degli sciocchi illusi.
Senza più alcun contegno, la nostra anticonvenzionale protagonista utilizza quanto appena affermato come trampolino di lancio per una più esplicita critica a molte pratiche della Chiesa cattolica romana, con disarmante ironia e sfacciataggine. Tuttavia, nel mirino della Follia non viene inclusa la figura di Dio: addirittura, il Creatore viene considerato in maniera rispettosa in quanto egli stesso portatore di un pizzico di Pazzia.
“La vergogna, l’infamia, il disonore, le offese, nocciono nella misura in cui fanno soffrire. Per chi non se la prende, non sono neppure un male. Che t’importa se tutti ti fischiano, se tu ti applaudi? Che questo ti sia possibile lo devi alla sola Follia.”
L’orazione di Morìa si conclude coerentemente a come è iniziata, improvvisamente, amichevolmente, con un tono che unisce ad una generosa dose di ironia una nota di solennità: dimentica di quanto ha appena detto, la Follia si congeda invitando i suoi ascoltatori a scordarsi anch’essi delle parole appena udite e a festeggiare, bere ed applaudire.
Perché consigliarlo. Come potrei non consigliare un’opera così spassosamente strana e pericolosamente audace? Perché mai si dovrebbe fuggire da un libro così deliziosamente rivoluzionario, se si tiene conto del contesto storico in cui è stato scritto, che a distanza di mezzo millennio ancora conserva agli occhi di chi legge l’immortale fascino di quella raffinata lama che è la Filosofia? A quale pro voltare le spalle al magico gioco di uno scrittore che con tale espediente ha fatto sopravvivere nel tempo un’opera esplosiva, scritta in un’epoca dove anche la più innocua scintilla veniva rapidamente estinta? Mi è dunque impossibile ricercare un motivo per cui “L’Elogio della Follia” non debba essere letto.
Per chi consigliarlo. Caldamente consigliato a tutti i ragazzi alla scoperta della Filosofia, con un particolare riguardo agli amanti del mondo classico delle antiche divinità, dei solenni toni celebrativi delle orazioni che incantavano le folle, qui riprodotte in maniera assolutamente atipica ma innegabilmente brillante nella sua spiritosa diversità.
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