Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Quando finirà” – Elephant Brain
La musica non muore mai. Può fare giri lunghissimi, ma prima o poi ritorna nelle nostre vite. In una veste diversa, aggiornata, ma sempre e comunque con qualcosa da dire. Lo sanno bene gli Elephant Brain, rock band umbra che ha aperto concerti di band come Zen Circus e i Ministri. Cinque anni dopo il loro EP di debutto hanno presentato Niente di speciale, album del 2020. Ricominciare da capo a volte può essere la spinta necessaria per creare qualcosa di compatto, coeso e unico nel suo genere. Vincenzo Garofalo ci racconta il disco e l’approccio che il gruppo ha con la musica oggi.
La prima traccia del vostro disco Niente di speciale si chiama Quando tutto questo finirà, e una delle strofe recita “Quando tutto questo finirà/sarò una nazione da ricostruire”. Piuttosto ironico. Cosa farete quando tutto questo finirà?
Ad oggi ancora non te lo so dire perché con questa situazione fare programmi a lungo termine è impossibile. Noi durante la pandemia abbiamo comunque scritto, seppur a distanza. Per come lavoriamo noi di solito, cioè spaccandoci le corna e distruggendoci di insulti su una strofa -mettere cinque teste non è facile!- è complicato. Per suonare bisognerò aspettare il 2022, la musica dal vivo è stata colpita duramente.
Ph: Leonardo Zen
Qualche settimana fa c’è stata la manifestazione dei Bauli in piazza. Molti nomi noti hanno partecipato, nomi che comunque torneranno a suonare. Credete che la scena underground riuscirà a fare altrettanto?
La scena underground ha molte difficoltà. Noi ad esempio avevamo preparato un tour con tante date: dovevamo fare una data all’Oibò di Milano ed ha chiuso. Quindi i piccoli circuiti musicali dove comunque una band indipendente si affaccia per prima hanno accusato molto il colpo. Per noi, che rientriamo negli “emergenti” sarà difficile. Non è pessimismo, è una presa di coscienza dei confronti di molti gestori che non potranno riaprire.
Tra il vostro EP e questo album son passati cinque anni. Come mai tutto questo tempo?
Perché siamo dei cialtroni! No, in realtà abbiamo fatto un EP nel 2015 che rispecchiava un certo tipo di intenzione. Poi dopo con il tempo abbiamo anche avuto cambiamenti interni con un nuovo bassista, Roberto. Quindi si è dovuta anche ricreare quell’amalgama del suonare insieme, perché lui aveva anche portato gusti musicali diversi. Quando escono i pezzi è frutto di tutti, ognuno deve collaborare. Poi volevamo dare un’altra impronta: disco ed EP sono due cose diverse. Un disco è molto più ragionato. Le tracce fra di loro non hanno un filo conduttore esplicito, però il tutto si può racchiudere all’interno di un filone che fossilizza quel momento.
Ph: Leonardo Zen
I vostri titoli non sembrano ottimisti, eppure sembra che nei vostri testi ci sia una profonda voglia di riscatto che si concretizza in immagini molto evocative.
Si, noi lo diciamo sempre: abbiamo fatto un disco tristone. Ma triste per come viviamo noi la musica è anche bello. Come hai detto tu, poi c’è riscatto: attraverso la musica riusciamo ad affrontare tutti quelli che sono i problemi quotidiani. Mi viene in mente Scappare sempre o Soffocare. Si tende a scappare, ma poi le difficoltà le affronti. Quindi forse è un disco tristone ma che lascia spirargli molto ampi, ecco.
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