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Soundtrack da ascoltare durante la lettura: ”Oye Como Va” – Carlos Santana
Carlos Santana nasce in una casa piena di musica, in una piccola città del Messico del Sud. Il padre è un violinista mariachi, il nonno suona il corno francese. Le note diventano presto un secondo linguaggio, un destino già scolpito nella roccia. Diventare musicista per Carlos sembra il desiderio più naturale, anche se inizia con lo strumento sbagliato. Il violino però è il primo passo per iniziare a guadagnare qualche soldo nel Messico devastato dal secondo dopoguerra e al tempo stesso diventa un legame indissolubile con il padre.
Non basta, è tempo di fare le valigie: destinazione Tijuana, verso la frontiera. La città è un viavai di messicani ed americani ed è li che emergono le prime influenze: inizia a suonare per i turisti e, nel farlo, unisce la musica che sente alla radio, come B.B King, con le sue radici messicane. Carlos aveva 11 anni, oggi ne compie 74.
Santana si innamora dei pioneri del blues americano. La chitarra sembra quasi una ribellione nei confronti della musica mariachi che suonava per cinquanta centesimi a canzone. Quella era un fantoccio della tradizione, un miscuglio di orpelli e stereotipi, ma era ciò che il pubblico voleva. Ormai la sua vita si chiude con facilità in una valigia e la prossima tappa sono gli Stati Uniti: lì potranno realizzare i loro sogni, anche se significa lottare con la realtà evidente di essere fuori posto. Gli anni 60 segnano la rottura con la famiglia, l’inizio dell’indipendenza e dell’amore con la chimera della cultura hippie.
La Santana Blues Band abbraccia blues, rock, jazz e tradizione messicana in un melting pot vivente che ammalia i primi manager che fanno a botte per portarli a Woodstock. Nessuno conosce il gruppo di quel povero scappato di casa di Tijuana. L di Bill Graham rischia di essere un suicidio mediatico o un successo plateale. Per fortuna, è la seconda: il latin rock è qui per restare. Abraxas è il lavoro del Santana di Woodstock, ancora pervaso da un’aura di misticismo e talento e non ridotto a macchietta da aggiungere in un featuring privo di sapore.
Abraxas dà luce alla world music, all’idea delle sonorità senza frontiere dettate dai continui dialoghi tra organo e chitarra. Samba Pa Ti e Incident at Neshabur sintetizzano i due poli su cui si giostra l’album, tra fughe jazzistiche rarefatte e omaggi al suo Messico. Santana è presto diventato croce e delizia dei latinoamericani. Anche se ha contribuito a far conoscere un continente silenzioso sulla scena internazionale solo perché rispettava canoni diversi, molte persone hanno fatto l’errore di associare Santana a tutto il continente.
Abraxas è in ogni modo un album imperdibile, merito del groove poderoso sostenuto da congas, timbales e bongos. Sembra un lontano ricordo del passato. Ora i soldi l’hanno reso alla stregua di un Pitbull con la chitarra. Ma basta premere di nuovo play e lasciarsi trasportare dalle note.
Entrammo in uno dei periodi peggiori della mia vita. Il successo era troppo. Stavamo provando a registrare Santana III ma l’eccessiva indulgenza in tutto quello che rappresentava un musicista rock and roll di successo stava diventando un vero problema.
Written by: Mariahelena Rodriguez
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