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today29 Giugno 2021
Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “La fine dei vent’anni” – Motta
Francesco Motta, con tre dischi all’attivo, è diventato un habitué del premio Tenco: il suo ultimo lavoro Semplice ha ricevuto da poco una candidatura per il miglior disco in assoluto. L’ambita targa gli ha sempre portato fortuna, visto che l’ha vinta già due volte. Il suo esordio La fine dei vent’anni scava le incertezze di una generazione spaesata prossima ai trenta. Oggi però le prime parole di Motta riescono anche a connettersi con chi si affaccia all’inizio dei vent’anni e si è sentito derubato di un periodo che poteva essere impiegato in qualsiasi altro modo, fuorché a casa a vedere il mondo da una finestra.
Tutto si giostra sul tempo. È una valuta di scambio con cui ho un pessimo rapporto. Basta davvero poco per lasciarselo scivolare. Un appuntamento cancellato controvoglia, una notte passata a chiedersi se si è capaci di fare quel grande salto perché sprovvisti di paracadute, una scelta che si rimanda di continuo, una pandemia. Si resta inchiodati nel passato a conservare pezzi che si dovrebbero lasciare alle spalle ma è difficile farlo perché sono l’unica cosa che si conosce. Serve tempo per apprezzare il presente, che ha tinte altrettanto vaghe come il futuro. Serve tempo per capire che non esistono istruzioni per affrontare gli alti e i bassi, che non c’è una data di scadenza e che c’è sempre da fare.
Le incertezze e la mancanza di basi su cui appoggiarsi spesso vanno a braccetto con l’istinto di fuggire per cercare nuove strade, ma i legami che creiamo ci trattengono e scoprono le nostre debolezze.
La fine dei vent’anni
È un po’ come essere in ritardo
Non devi sbagliare strada, non farti del male
E trovare parcheggioAmico mio, sono anni che ti dico andiamo via
Ma abbiamo sempre qualcuno da salvare
Le parole della title-track, accompagnate da un leggero tappeto acustico, mettono a nudo la necessità di rendersi conto dell’esistenza di un presente e di stringerlo. Non saranno le fughe a costruire il futuro, ma la consapevolezza di non essere soli nelle scelte che si fanno. Ogni giorno è un giorno perso se passato a pensare a quello che si sarebbe potuto fare di diverso: la lotta contro il tempo si vince quando si vive nell’adesso senza perdere di vista i propri obbiettivi.
Il giro di percussioni irrequieto di Prima o poi ci passerà sottolinea la paura di ogni giovane alla soglia del mondo degli adulti, che si ritrova raggirato dalle stesse aspettative che si era creato. I racconti dei genitori erano una farsa. Il mondo non si prostra ai tuoi piedi con la maggiore età, le certezze non sono consegnate su un piatto d’argento. Passano i giorni e i mesi e ci si accorge che ogni cosa è da conquistare, anche stare bene. Questo non significa dover vivere nella preoccupazione, ma abbracciare la nostra umanità, imparare a perdonarsi.
E tutte quelle rughe
Sono schiaffi della mente
Sono strade senza un senso
E che non portano mai a niente
Gli arrangiamenti curati di Riccardo Senigallia già fanno presagire la volontà di Motta di spingersi oltre le sonorità italiane: dai ritmi tribali alle derive psichedeliche, fino al rock rabbioso stretto tra i denti di Roma stasera. La chiusura di Abbiamo vinto un’altra guerra sembra trascinarsi le sconfitte del passato, ma Motta non si da per vinto. I disagi e i fallimenti vanno affrontati, il finale è ancora da scrivere.
La fine dei vent’anni è uno degli esordi più centrati degli anni recenti. I pigli pop ci sono soprattutto nei ritornelli, ma sono lontani dal tipico esercizio indie-rock che si crogiola nella commiserazione.
Written by: Mariahelena Rodriguez
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