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today3 Giugno 2021
Soundtrack da ascoltare durante la lettura: ”Crawling King Snake” – The Black Keys
Se gli stranieri in Italia guardano il bidet come se fosse un’astronave, gli italiani farebbero lo stesso con lo scantinato americano. Non sono molte le case che lo hanno, anche perché, specie nelle grandi città, si vive incasellati nel proprio piccolo alveare, senza doversi prendere la briga di conoscere il vicino. In periferia è più o meno la stessa cosa. Invece grazie ai film americani si è creato lo stereotipo delle suburbs: un luogo ameno dove far crescere i figli, eccezion fatta per lo scantinato. Eppure, leggenda vuole, che in quel luogo umido, che funge un po’ da deposito, siano nate grandi imprese: la Virgin, Microsoft, Apple. A volte verrebbe da chiedersi quale sia il potere magico dello scantinato, perché lì inizia anche la storia dei The Black Keys.
Siamo nel 2002, in Ohio. John e Dan sono due ragazzi squattrinati, che si mantengono con lavoretti saltuari nella speranza di entrare a far parte del revival -manco a farlo apposta- garage rock del periodo, capitanato dagli White Stripes. I Black Keys tentano di dare una nuova veste alle chitarre ormai appese al chiodo, sotterrate da quintali di post produzione che fanno sembrare le hit del periodo un po’ tutte uguali. Ma a volte per innovarsi bisogna guardare indietro. E allora giù per il delta del Mississippi. I The Black Keys con Delta Kream rispolverano il repertorio blues di una zona sconosciuta ai più.
La traccia di apertura Crawling King Snake, brano di John Lee Hooker, catapulta l’ascoltatore nell’universo misterioso della sala prove. “Ready?”, chiede Patrick al che Dan dopo aver provato l’amplificatore risponde “Yeah”. La voce di Dan è sommersa dalle slide guitar ruggenti e dalla batteria che si rifà con ad uno stile più fai da te del rock dei primi anni 60. Il blues è strappato via dalle sale d’incisione e dai bar più raffinati e si sporca delle sbavatura della presa diretta. I fischi degli amplificatori a fine traccia sono elevati a parte integrante del pezzo.
Nei primi secondi di Sad Days, Lonely Night non sembra di ascoltare una canzone. Siamo gli intrusi in una jam session che non era pensata per noi. Le dita scivolano sulle corde della chitarra: qualche arpeggio improvvisato si fa strada, il basso non sa come introdursi, si ferma. Dopo alcune (volute) incertezze il brano prende piede e la batteria tiene un rimo sostenuto ed ondeggiante: l’atmosfera da diner è servita.
La discesa a sud tra le note dell’ Hill Country Blues si chiude con Come on and Go With Me, dei The Dell Vikings, l’ennesimo nome sconosciuto a chi non mastica blues. Non è una colpa: brani del genere sono andati oltre i propri esecutori originali, e son diventati parte del tessuto musicale di quelle terre. Delta Kream è un viaggio indietro nel tempo racchiuso in quindici ore di materiale registrato a Nashville. Non c’è spazio per sperimentazioni o lirismi, ma visto il genere non avrebbero senso. I quindici pezzi dell’album sono delle belle cover, e nient’altro: non c’è l’interesse a dare vita nuova a pezzi ancestrali. Quel che riesce a fare almeno è rendere accessibile ai novizi un genere scomparso dal file mainstream.
Written by: Mariahelena Rodriguez
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