Più c’è luce, più si riposa.
Non sentite qualcosa di strano in questa affermazione?
Probabilmente perché dire che l’allungarsi delle giornate, e dunque delle ore di luce, favorisca un aumento delle ore di riposo negli individui, sembra andare nettamente contro tutti quei principi che ci sono stati trasmessi a partire dalla prima lezione di anatomia affrontata alle medie: non era forse proprio la presenza di luce uno degli stimoli principali che regolano i famosi ritmi circadiani, ossia l’alternanza di sonno e veglia degli organismi?
A cambiare le carte in tavola ci hanno appena pensato alcune ricerche condotte, rispettivamente, nell’University of Würzburg e nella Brandei University of Waltham: gli scienziati affermano di essere stati in grado di dimostrare che la luce a bassa, media e alta intensità sincronizza l’orologio biologico nel cervello dell’insetto.
Per avvalorare la loro tesi, agli studiosi è bastato concentrarsi su delle cavie da laboratorio molto semplici, le famose mosche della frutta già così tanto impiegate in passato nei primissimi studi sull’allora neonata branca della genetica.
Gli esperimenti, in particolare, hanno evidenziato la spiccata sensibilità di questi insetti alla luce ad alta intensità, in grado di influenzare considerevolmente il pattern di attività delle mosche prese in esame. In altre parole, ad un aumento di questo tipo di luce, corrispondeva un incremento dell’attività di riposo di circa un’ora, un intervallo di tempo molto elevato, se si considera la brevità della vita di questi piccoli animali della frutta. Questo ha chiaramente portato ad un analogo ritardo nella consueta ripresa delle attività serali degli insetti.
Ma, precisamente, a cosa mai è dovuto questo strano cambiamento di comportamento?
La luce è certamente la causa scatenante, ma a rendere effettive le conseguenze sui ritmi circadiani di queste piccole creature sono, stando a quanto riportato dagli scienziati autori di queste ultime ricerche, degli speciali fotorecettori situati all’esterno della retina delle mosche.
È un meccanismo essenziale per evitare una luce troppo forte e potenzialmente dannosa nel bel mezzo della giornata.
Inutile dire che la scoperta sta adesso catturando l’attenzione di molti; la domanda è unica e già incomincia a rimbalzare da varie parti del globo: e per gli esseri umani, vale la stessa cosa?
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