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Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “No need to argue” – The Cranberries
A quattro anni dalla sua scomparsa il ricordo della voce femminile irlandese per eccellenza ancora vibra forte. Il 15 gennaio 2018 ci lasciava Dolores O’Riordan.
“Sembra ieri”… era il 15 gennaio 2018. Solo quattro anni fa, eppure davvero “sembra ieri”.
In un pomeriggio invernale freddissimo tutte le agenzie batterono la notizia che mai avremmo voluto sentire. Dolores O’Riordan era volata via.
Improvvisamente. Accidentalmente.
Epilogo drammatico di un’anima frangibile, termine di rotture profondissime, conclusione di mille fragilità.
Minuta, esile, agguerrita e delicata insieme. Un concentrato incredibile, frutto di passione e sofferenza, di impeto e tormento. Questi contrasti potenti hanno contribuito a miscelare in lei qualcosa di unico, un autentico impasto fatto di ardore e nascondigli, di fari accecanti e fughe silenziose.
Intensa. Diretta.
Non possiamo pensare di racchiudere la sua eredità artistica solo nelle caratteristiche della sua voce. L’arte di Dolores è stata quella di saper combinare una somma infinita di passioni, di esperienze, di storie personali. Qualcuno asserisce che, se non fosse nata in una terra tormentata come l’Irlanda, la sua anima non sarebbe stata la stessa. E non sarebbe stata battuta così forte dal vento. E non avrebbe lasciato al mondo il timbro forte ed essenziale del suo canto.
Certi sigilli non te li levi di dosso con una scrollata di spalle. Certi marchi ti restano incollati sulla pelle e li porti con te in ogni cosa che fai.
No, penso anch’io che, se fosse nata altrove, non avrebbe espresso il suo spirito con lo stesso calore di ghiaccio, con lo stesso gelo bollente che ho ritrovato proprio nella sua città… Limerick.
Sono arrivata anni fa in un giorno piovoso, grigio, freddo. E la prima cosa che mi piombò addosso fu una sensazione ambigua. Mi guardavo intorno e captavo uno strano magnetismo, un parallelismo immediato con le sue canzoni. Ritrovavo in alcuni angoli della città l’identico colore e il medesimo stato d’animo che mi arrivava dritto in pancia quando ascoltavo alcuni passaggi dei suoi brani. Era come se leggessi sulle pietre, nell’aria, in quelle nubi pesantissime e gonfie di pioggia l’essenza lamentosa e dolente che lei riversava in quelle canzoni che avevano segnato la mia giovinezza.
Riconoscevo Dolores ovunque. La percepivo. La ricevevo indietro ad ogni sguardo. La raccoglievo passo dopo passo.
E poi il fiume… lo Shannon. L’ho letta lì dentro, nelle rapide e nei mulinelli furiosi e violenti. Nell’acqua che si rincorreva fra i sassi travolgente e impulsiva. Proprio come lei. Tumultuosa, languida, irruenta e trasparente.
L’ardore della sua voce arrivava esattamente così alle orecchie di chi la ascoltava. Un’intensità che poche donne sono riuscite a narrare. Di sicuro questo rimane di Dolores.
E nemmeno la sua scomparsa potrà portarsi via l’impronta sublime e inarrivabile del suo canto.
Il Melody Maker dei Cranberries disse di lei “Ha la voce di una santa intrappolata in un’arpa di vetro”.
Cuffie alle orecchie… e ditemi se anche voi non sentite il vento d’Irlanda.
Written by: Valentina Proietto Scipioni
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