“Forse non eri abbastanza concentrato” è la frase per antonomasia che ciascuno di noi si è sentito ripetere almeno una volta nella vita; magari in seguito a un risultato scolastico poco brillante, oppure dopo una prestazione sportiva deludente. Ma cosa succederebbe se grazie ad un’app potessimo incrementare la nostra capacità di restare focalizzati? Ce lo illustra un team di ricercatori di Cambridge.
Il suo nome è Decoder, ed è destinata a un’utilita’ strabiliante: si tratta di un’app di “brain training”, pensata proprio per allenare le capacità di concentrazione. Secondo i risultati pubblicati su Frontiers in Behavioral Neurosciencde, l’efficacia di questa piattaforma sarebbe, addirittura, paragonabile ai benefici di uno stimolante quale il Ritalin.
In un mondo come il nostro, caratterizzato da un uso sempre maggiore di monitor e piattaforme digitali, le ore giornaliere trascorse davanti agli schermi sono sempre in aumento. Sms, messaggini whatsap, e-mail e via discorrendo: sono tutte azioni che a lungo andare affaticano notevolmente mente e vista, determinando un fastidioso senso di stanchezza.
La difficoltà dello “stay focus”, sopratutto tra piccini e adolescenti, è dinamica ben nota, tanto che nelle scuole non sono poche le procedure attuate per arginare il problema. Può sembrare una banalità, ma anche il fatto, tra una lezione scolastica e l’altra, di dedicare gli ultimi minuti a staccare un po’ la mente chiacchierando, ad esempio, sui propri interessi personali, è un ottimo modo per “desaturare’ la mente. La saturazione psichica, infatti, è proprio quel fenomeno che si sviluppa quando rimaniamo impegnati su una determinata attività per troppo tempo, sino a giungere alla condizione del “non poterne proprio più”.
Se nel secolo scorso, o anche semplicemente nei primi anni ’90 la capacità dell’essere Multitasking, del saper svolgere, cioè, più compiti in simultanea, era invidiata e auspicata, a fronte di vari riscontri ottenuti si può affermare con sicurezza che dare retta a tutti non è sempre la soluzione migliore, anzi può rivelarsi controproducente.
Invece che sentirci più produttivi, diventa arduo concludere anche uno solo degli obiettivi che ci eravamo prefissati, ed è facile giungere a fine giornata con poche incombenze portate a termine. Proprio da questa constatazione nasce Decoder.
Il programma presenta la forma di un videogame: l’utente deve osservare una lunga serie di numeri che scorrono sullo schermo, allo scopo di identificare le sequenze numeriche suggerite. Tramite queste azioni, spiegano i creatori, si dovrebbe attivare il cosiddetto network fronto-parietale: una struttura del nostro cervello coinvolta nello svolgimento di funzioni cognitive molto complesse, come l’orientamento dell’attenzione e la capacità di mantenere la concentrazione. Non restava quindi che testare l’efficacia di Decoder attraverso un esperimento: analizziamone i risultati.
Gli sperimentatori hanno reclutato 75 volontari, che, suddivisi in tre gruppi, sono stati sottoposti ad una prova particolare, con una metodologia sperimentale ben nota in psicologia. Entrano in gioco due variabili: una di tipo indipendente (quella, cioè, su cui agisce lo sperimentatore) e quella dipendente (quella che subisce gli effetti dei cambiamenti avuti sulla variabile indipendente). Al primo gruppo è stato chiesto di allenarsi con Decoder per almeno 8 ore in un mese. Al secondo, invece, è stata proposta una routine simile, che ha però coinvolto un videogame differente. Un terzo gruppo, il cosiddetto “gruppo di controllo”, non si è cimentato in alcun test virtuale.
A esperimento ultimato, tutti i partecipanti hanno svolto una prova per verificare le proprie capacità di concentrazione: i risultati hanno dato piena ragione alle intuizioni degli studiosi. Tra i volontari che hanno utilizzato Decoder, si è riscontrato un miglioramento paragonabile a quello indotto da stimolanti quali la nicotina. Negli altri due gruppi, invece, non sono emersi miglioramenti significativi.
Il prossimo passo sarà quello di impiegare Decoder anche in campo medico, per aiutare pazienti che sviluppano disturbi dell’attenzione in seguito a lesioni cerebrali o patologie psichiatriche. Per queste persone, infatti, l’utilizzo dell’app potrebbe essere una valida alternativa all’uso massiccio di farmaci, i cui effetti collaterali possono, a lungo andare, risultare dannosi.
Nel frattempo, i ricercatori di Cambridge hanno provveduto a rendere l’app disponibile per tutti gli interessati: la piattaforma Decoder è attualmente presente nell’ultimo pacchetto di applicazioni rilasciate nell’app store di Apple. Non ci resta che attendere la sua diffusione anche per i dispositivi Android, attesa proprio nel corso di quest’anno.
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