Prima regola del Fight Club: non parlare mai del Fight Club. Seconda regola? Esattamente la medesima. Chiunque abbia visto il capolavoro di Fincher del 1999, oltre a ricordare la recitazione magistrale dei suoi protagonisti, Edward Norton e Brad Pitt, certamente avrà ben chiaro il grande impatto di questa frase. Sembrerà assurdo, ma trasmette un impeto talmente potente da poter essere applicato anche alla vita reale. Più precisamente, a quello che fin dalla notte dei tempi ha sempre maggiormente assunto i connotati di un tabù vero e proprio: l’argomento? Il ciclo mestruale.
Silenzio. Sipario. La Terra ha forse smesso di girare? I raggi del sole hanno smesso di scaldarci? Niente di tutto ciò. Eppure, se nelle lotte clandestine immaginate da Fincher, del mistico Club non doveva essere fatta parola alcuna, nel ventunesimo secolo non è che le cose siano cambiate di molto, anzi. Nell’immaginario collettivo, infatti, l’argomento mestruazioni è a tal punto considerato ‘imbarazzante ‘, che neppure lo si vuole più chiamare con il suo nome. Si ricorre a perifrasi quali ‘le mie cose’ o, peggio ancora, ‘sono in quei giorni’. Ma quali giorni, esattamente?
Ad ulteriore conferma di come il ciclo non sia affatto considerato una fase normale della vita di ogni donna, lo stato italiano ha fissato una tassa del 22% sui prodotti mestruali. Nonostante alcuni parlamentari abbiamo negli anni tentato di portare la questione in Parlamento, almeno per quanto riguarda la nostra penisola le acque non si sono mosse. Sono invece parecchi i paesi europei in cui l’imposta è pari, ad esempio, al 5%, come nel caso della Gran Bretagna. Altri esempi arrivano dallo stato africano del Kenya, che si distingue dal resto del globo proprio per essere stato il primo paese al mondo ad abolire l’imposta sulle vendite per gli articoli mestruali a partire dal 2004. Si sottolinea che l’Italia, per quanto la situazione non sia vantaggiosa, non detiene comunque il risultato peggiore: in Ungheria la tassa sui tamponi raggiunge addirittura il 27%.
Una notizia carica di speranza in merito all’argomento giunge invece dalla Scozia: lo stato ha infatti annunciato la scelta di rendere gratuiti gli assorbenti alle studentesse di scuole medie, superiori e università, tramite un programma da 5,2 milioni di sterline, allo scopo di combattere la cosiddetta ‘povertà mestruale’: da ciò deriva che solo una studentessa su quattro ha difficoltà ad accedere a questi prodotti sanitari. Con il sopracitato provvedimento 395 mila scozzesi, per la prima volta in assoluto, potranno così avere accesso gratuito ai prodotti igienici.
“Tampon Tax”, semplice ma di grande impatto evocativo, è proprio il termine adoperato per porre l’attenzione sul fatto che i tamponi e tutti gli altri prodotti femminili sono soggetti all’imposta sul valore aggiunto, non godono cioè dell’assunzione fiscale concessa ai prodotti considerati beni di prima necessità, come avviene invece, ad esempio, per alcuni alimenti.
Per intenderci: l’IVA legata agli assorbenti è la stessa del caviale, come se le due cose possano anche solo lontanamente essere paragonate.
Si spera che manifestazioni volte a sensibilizzare ciascuno di noi sull’argomento cambino davvero la situazione vigente, magari giungendo sino ai vertici alti dello Stato.
Forse ben più semplice sarebbe innanzitutto iniziare ad eliminare molti dei pregiudizi che ancora ci sono sull’idea stessa che si ha del ciclo, parlandone senza vergogna, supportandosi a vicenda e non etichettando gli sbalzi d’umore, gli attacchi di fame e i dolori insistenti come qualcosa di riprovevole, bensì come avvenimenti fisici semplicemente naturali. Tutto ciò con la speranza che all’affermazione “Non sono molto in forma, ho le mestruazioni”, le teste non vengano più girate dall’altra parte, i nasi non si arriccino e le guance non si colorino più a causa di un imbarazzo ed un disagio totalmente immotivati.
Onde rosa, “un’associazione di ragazze tra i 14 e i 30 anni che hanno come obiettivo il raggiungimento dell’uguaglianza tra i sessi”, ha da poco lanciato una petizione che ha attivato moltissime donne italiane: lo scopo è proprio quello di ridurre la tassa al 4%, considerando così i prodotti mestruali, finalmente, beni di prima necessità.
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