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Letteratura

Per comunicare: meme, emoji o… parole?

today16 Agosto 2021

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Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Sono solo parole” – Noemi

Buongiorno!

… Avete notato che si inizia sempre con “buongiorno” o “salve“? Anche se alcuni miei colleghi sono più diretti e vanno spediti al punto. Eppure ci sono così tanti modi per iniziare una conversazione…

La nostra lingua, come tutte quelle parlate, è una lingua viva, pulsante, scattante, plasmabile.

E, come qualsiasi cosa di vivo, è soggetta ad una trasformazione, ad un cambiamento nel corso del tempo. Anche in pochi anni.

Gap generazionale 

La lingua cambia anche tra le varie generazioni e ciò diventa incredibilmente pericoloso quando si vuole fare conversazione.

Parole che per una generazione sono accettabili, o fastidiose, per la Generazione Z sono inammissibili. Ma senza spingersi in esempi così estremi, esistono anche simboli e immagini  che vengono usate e interpretate in maniera differente tra le varie generazioni, ma anche nella stessa.

Kevin, un ragazzo con cui ho parlato molto e con cui ho avuto alcune volte dei “problemi di comunicazione”in pratica abbiamo discusso– a causa delle sfumature delle parole, mi ha detto:

“I significati delle parole variano sempre, poiché ognuno può leggerle con sfaccettature diverse di volta in volta. Anche una stessa persona può, a seconda del contesto, capire cose diverse dalla stessa parola.  Molto spesso si creano litigi e incomprensioni a causa di ciò. In un epoca dove si scrive molto online, il non spiegare la propria interpretazione di una parola crea molto spesso disagi e disaccordi tra le parti; in sostanza non è più difficile comunicare oggi piuttosto che un tempo, bisogna solo metterci un pizzico di impegno in più per evitare incomprensioni e magari di perdere chi a noi è caro.”

Non ci credete?

Io quando mi mandano il” “Buongiornissimo” (a proposito di meme). 

Un esempio sono i meme, che per le generazioni più giovani fanno ridere, ma poi arrivi alla classica situazione che fai vedere questa immagine ai tuoi genitori e questi ti guardano e iniziano le domande: “Perchè fa così?”, “Non fa ridere”, “Che vuol dire?” . O ancora peggio quando il meme riguarda la scuola: “Anche tu fai così?” o “È veramente questa la situazione a scuola?” 

Ma era solo una barzelletta!

Altri esempi lampanti sono i “Buongiornissimo”, che la persona che te li invia trova carini o simpatici, ma che a te, di una generazione diversa, fanno rivoltare le interiora. – Che bella immagine, eh? E intendo il Buongiornissimo, non gli organi che si scambiano di posto-.

Un altro esempio di questo gap di interpretazione, risiede nelle emoji (o emoticon) che molti usano su Whatsapp – Si, i moderni geroglifici- per comunicare più spesso di quanto vengano usate le parole. Per usare quelle di Andrea Marcolongo nel suo libro “La lingua geniale”:

“In questi tempi in cui siamo tutti connessi a qualcosa e quasi mai a qualcuno, in cui le parole sono cadute in disuso, rimpiazzate da emoji e da altri moderni pittogrammi […] di fatto  a parole non ci capiamo più. La lingua o quel che ne resta sta diventando sempre più banale […] Il divario tra il significato di una parola e la sua interpretazione cresce di ora in ora, così come i fraintendimenti ì, i non detti […]”

Per continuare con l’esempio delle emoji: molte che dalle persone adulte vengono usate per dire “sono felice” o “ti mando un bacio“, per la Generazione Z significano “ti sto prendendo in giro“. Comunicare con le emoji sta diventando come il test psicologico di Rorschach. Quello in cui ti fanno vedere una macchia d’inchiostro e tu devi dire se ci vedi un teschio, una farfalla, o la morte della madre di Bambi-. 

Voi cosa ne pensate?

Written by: Aurora Vendittelli

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