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Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “We Don’t Talk Anymore” – Charlie Puth ft. Selena Gomez
Da quando ho iniziato a leggere Il Ventriloco gli articoli storici mi hanno sempre colpito per il particolare modo in cui sono scritti.
Quindi oggi ho deciso di parlare della lingua italiana –Er Principessa, ti prego non prendertela: sono io che non sopporto il dialetto-.
Come tutti saprete, o almeno spero che lo sappiate, dopo la caduta dell’Impero Romano di occidente il latino passò piano piano a dividersi in quello scritto e in quello parlato, definito volgare.
Come accade con tutte le lingue, a meno che queste non siano ormai morte e sepolte – eppure ce le fate ancora studiare, maledetti!-, la lingua italiana iniziò a modificarsi e ad evolversi.
Visto che la penisola italica non è mai stata unita per il tempo che va dai romani a Garibaldi – giusto un paio d’anni, guarda..– le culture differenti influirono sulla lingua, è per questo che ci sono i dialetti -so che è sbrigativo, ma se faccio l’articolo troppo lungo mi linciano-. In ogni caso già dal XII secolo il volgare iniziò a prendere il posto del latino classico anche nella scrittura informale e a diffondersi.
Non è un caso che già nel XIV secolo Dante scrisse quel paradosso che è il De Vulgari Eloquentia. L’ho chiamata paradosso perché è un’opera scritta in latino per convincere i letterati ad abbandonare la lingua latina nello scritto per passare all’italiano.
Mi rendo conto che i punti sono po’ difficili da collegare, se volete vi lascio qualche minuto…
Vi siete mai chiesti qual è la prima opera in volgare?
Beh non è sicuramente il trattato sopra citato di Dante o la sua Divina – ma nemmeno tanto, visto che gli studenti del liceo continuano a maledirla– Commedia.
Se invece avete risposto Il Cantico delle creature, o anche Cantico di Frate Sole –scegliete voi come chiamarlo- di (San) Francesco d’Assisi risalente al 1224, allora avete risposto correttamente. Dieci punti alla vostra casata e se non capite di cosa sto parlando, andate subito a leggere Harry Potter.
Una lingua viva, come l’italiano, il bulgaro, il cinese e il tailandese – mi andava di citarne qualcuna-, è una lingua in continua evoluzione ed espansione.
Pertanto è ovvio che l’italiano che state leggendo risulterà totalmente differente da quello che verrà parlato tra cent’anni o che sentiva Michelangelo.
Una delle evoluzioni più, a mio parere, strane mai avuto nella letteratura è un movimento detto Futurismo. Non so chi se lo ricorda, fu iniziato o ideato da Filippo Tommaso Marinetti nel 1909 – si, giusto il giorno dopo che Francesco scrisse il suo Cantico-.
Per spiegarvela bene, nel mezzo delle poesie futuriste troverete delle singolari … emm.. onomatopee. Per chi dormiva quando spiegavano le figure retoriche, le onomatopee sono parole che evocano impulsi sensoriali. Solo che, nei testi di questo movimento, troverete brum brum, bzzzzz o cose del genere, per imitare i suoni che sentivano – sembra quando insegnavano a mia sorella a parlare-.
Per passare a qualcosa più recente, molte persone vorrebbero ampliare la lingua introducendo la schwa o una forma neutra per le persone non binarie.
Voi lo trovate corretto?
Written by: Aurora Vendittelli
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