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Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Dancing with the Moonlit Knight” – Genesis
Era il 12 ottobre del 1973. 48 anni fa veniva pubblicato un album che ha lasciato una scia ancora vivissima. Uno di quei dischi che, se davvero vuoi fare un regalo di qualità, è una delle scelte più azzeccate in assoluto. Un concentrato di sperimentazione, classe e genialità per mano di una band che detta tuttora il passo indirizzando –grazie al cielo!– anche le nuove generazioni.
Sto parlando dei Genesis. Sto parlando di Selling England by the Pound.
Iniziamo dal titolo ai limiti dell’assurdo che potremmo tradurre letteralmente in “Vendesi Inghilterra un tanto al chilo”. Ed è questo un po’ fil rouge dei testi di tutta l’opera che racconta l’austerità della più classica tradizione britannica fatta di dipendenza dalle apparenze e mescolata alle miserie contemporanee. E’ stato l’album più venduto del quinquennio in cui nella band militava “quel geniaccio” di Peter Gabriel.
Una delle particolarità è che fu il primo di una serie di album della band a riportare, sulla copertina dell’edizione italiana, la traduzione in italiano dei testi con note esplicative curata da Armando Gallo, giornalista musicale, che continuò a curare tali traduzioni fino al 1980, per l’album Duke. Oltre a tracce straordinarie, di questo album resta impressa la copertina che fu realizzata con un dipinto della pittrice inglese Betty Swanwick intitolato The Dream. Ma, forse non sapete, che proprio questa immagine ispirò a tal punto Peter Gabriel tanto che scrisse il testo di I Know What I Like.
Ma non finisce qui, perché le menti visionarie della band, videro oltre. Su loro richiesta l’autrice aggiunse all’illustrazione originale un tosaerba di fine ‘800. Che stranezza era mai questa? Che senso aveva?
Pensateci bene, l’immagine richiamava proprio il verso della canzone che scrisse Gabriel.
Io? Io sono solo una falciatrice / mi riconosci da come cammino.
Addirittura, i più fortunati che hanno assistito ai loro live, potranno raccontarvi che Peter Gabriel era solito introdurre e chiudere il brano mimando proprio un giardiniere che aziona una falciatrice, più che altro un tosaerba a motore, il cui rumore assordante è anche imitato dagli strumenti in apertura e chiusura della canzone. Immagine che voleva simboleggiare l’ossessione dell’inglese medio per l’apparenza, a partire dall’erba del giardino di casa -che richiama appunto il tema di tutto il disco-.
A tutt’oggi, a molti di noi, sembrerà assurdo l’incredibile spaccato che si nasconde dietro una semplice frase o dietro l’immagine di una copertina. In questo i Genesis più che mai restano maestri indiscussi di pensieri arrotolati fra loro, di universi paralleli che si dipanano da una parola, da un’immagine, dalla riproduzione nitida di un suono. Dietro il più piccolo dettaglio si nasconde un mondo straordinario. E, dopo 48 anni, è meraviglioso poter trovare, in album come questo, spunti così straordinari, semplicemente ascoltandolo ad occhi chiusi.
Written by: Valentina Proietto Scipioni
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