Blackkklansman è un film del 2018 diretto da Spike Lee e tratto dal libro “The Black Klansman”, che racconta la vera storia di Ron Stallworth, primo poliziotto di colore a Colorado Springs e unico afroamericano riuscito ad infiltrarsi nel Ku Klux Klan, e a diventarne un capo.
Il film ci catapulta nel 1970 insieme a questo agente in servizio, costretto a sottostare ad angherie ed insulti razzisti di ogni tipo. Tutto ciò accade fino quando non viene trasferito in un altro reparto, dove ottiene il compito di entrare sotto copertura in un comizio di suprematisti neri per sentire se abbiano effettivamente dei piani eversivi.
Già da subito notiamo l’abilità di Spike Lee di rappresentare in modo realistico la “banalità dell’odio”: protagonisti assoluti sono gli insulti gratuiti, i preconcetti e i pregiudizi.
In questa Colorado Springs, infatti, il razzismo è talmente radicato da essere normale amministrazione di tutti i giorni: niente affatto un problema.
Nel momento in cui Ron Stallworth inizia il suo lavoro sotto copertura nel KKK, aiutato dal suo collega Philip Zimmerman, il film sembra prendere due pieghe ben diverse: da una parte seguiamo le vicende del Klan e dei suprematisti bianchi; dall’altra abbiamo i suprematisti neri, che nel cercare di veder riconosciuti i propri diritti, finiscono per sfociare nell’assoluto disprezzo per l’establishment e la polizia, come se essere neri e cittadini americani non siano due realtà che possano convergere.
La pellicola prende continuamente in giro tutti: bianchi, neri, ebrei, gay…nessuno viene escluso in questo thriller poliziesco che si prende in giro da solo per 120 minuti su 135.
Negli ultimi 15 minuti finali, infatti, Spike Lee decide che non è più il momento di ridere: ci mostra le immagini vere delle manifestazioni alt-right e degli scontri promossi dal movimento “black lives matter”, arrivando perfino alla tragedia di Charlottesville, città in cui un auto si fionda in corsa sui manifestanti, uccidendo tre persone.
Il film si chiude con un fermo immagine sulla bandiera statunitense: a testa in giù, a rappresentare l’angoscia del popolo americano per il suo destino, e in bianco e nero, per mostrare due anime dello stesso grande paese.

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