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Musica

Alessandro Mannarino, gli inizi al Bar della Rabbia

today26 Aprile 2021

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Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Bar della Rabbia” – Alessandro Mannarino

Per tutto il giorno, oggi, risuonerà negli studi e dalle dirette di Voicebookradio.com il vocabolo “strimpellare”. Una parola che, immediatamente, si collega alla musica. Più precisamente alla chitarra. E se si è di Roma pensare alla chitarra porta subito il pensiero a un famoso cantautore del quartiere di San Basilio, Alessandro Mannarino.

Perché la chitarra è parte integrante del suo corpo. Oltre al cappello nero e ai baffi. La leggenda vuole che Mannarino non avesse intenzione di seguire la musica, inizialmente, ma che a spronarlo fu un concerto. Lui lavorava come cameriere durante un evento a Villa Borghese, e sul palco c’era Vinicio Capossela. Cantautore per eccellenza, bisogna dirlo. Alessandro ne rimase folgorato. Forse si è chiesto come potessero note e parole arrivare fino al cuore, e colpirlo nel modo più dolce esistente.

Fu così che a ventidue anni solcò il palcoscenico a rione Monti, tra l’acustico e il deejay. Poi fondò un trio, per poi arrivare a Roma di notte con Massimiliano Bruno, Viva Radio 2 con Fiorello, Parla con me. Ma… da dove attinge la sua penna, che continua tuttora a scrivere fiumi di parole?

Il Bar della Rabbia

Mannarino spiegava spesso, durante i concerti, l’origine del suo calderone di personalità raccontate nelle sue canzoni. Ci sono le donne Marylou, Maddalena, una Strega con un diamante. E poi un Pagliaccio, un Merlo Rosso. Tanti animali che dimostrano umanità, in un intero album. Tutto questo è cominciato da un bar, un’osteria. 

Un luogo forse malfamato, in cui tutte quelle figure si aggiravano alla ricerca di loro stesse nei fondi delle bottiglie. Tante parole, tante frasi, forse qualche volta imprecazioni, bestemmie. E poi lui, Alessandro Mannarino, che osserva in silenzio sulla sua sedia, che imbraccia la sua chitarra, e decide di cantare le loro storie. 

Basta ripercorrere il suo primo album, il Bar della Rabbia. Dopo una Intro, c’è un inno, Me so ‘mbriacato: l’amore per una donna che diventa la sostanza migliore di cui ubriacarsi, un amore che fa stare leggeri, in cui non c’è bisogno di ricorrere al vino, perché l’ebbrezza è naturale, viene dal cuore.

Ma c’è anche un Elisir d’Amor, e un mercante grida ai passanti di acquistarlo, perché “è un qualcosa che fa bene al cuor”. Come un riparatore per l’amore appena passato. E se non basta, si brinda, “a chi è come me, al Bar della Rabbia”. Il giorno dopo ci si risveglia al Tevere Grand Hotel, e, uscendo, si incontra Osso di Seppia, che ancora non si sa se è solo un clochard o qualche rotella fuori posto ce l’ha davvero. E poi eccoli, il Pagliaccio e La Strega e il Diamante, che passeggiano per le vie della città.

Tutte storie di strada, di gente di strada. Che tira a campare o che vorrebbe soltanto essere lasciata in pace. Tutte anime in pena che si ritrovano tutti insieme al Bar, per sentirsi meno soli.

Questo è quello che Mannarino strimpella, dando voce a tutti coloro che sono sempre stati convinti di essere solo di passaggio. 

Written by: Sara Claro

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