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Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Larasong” – Litfiba
Scuola finita, tempo di esami di maturità e, per i più giovani, agognate e meritate vacanze. Ma la fine dell’anno è anche tempo di bilanci e discussioni che riguardano l’anno futuro. E perché no, nuove soluzioni.
Il problema più grande, per ovvie ragioni dettate dalla pandemia, è stata l’enorme distanza che i ragazzi hanno percepito non solo verso i loro insegnanti e il sistema scuola, ma anche gli uni con gli altri. Penso soprattutto ai più giovani, ma anche quelli che avevano iniziato un nuovo ciclo di studi, che si sono ritrovati con compagni e insegnanti che hanno visto si e no per poche settimane e a fasi alterne.
Il gruppo e il coinvolgimento della classe è importantissimo perché il ragazzo si senta stimolato, così come il contatto con l’insegnante. I professori hanno tentato di tutto per non risultare degli alieni. Si sono buttati sui social, hanno creato nuovi modi di creare rete con i loro studenti.
Voicebookradio.com, attraverso il progetto La Voce della Radio, è stata a stretto contatto con i ragazzi provenienti dalle scuole di tutta Italia, che hanno confermato questo stato d’animo. Non tanto con le loro parole o lamentele, quanto con le azioni. Perché appena c’è stato un progetto, un obbiettivo comune, un ambiente coinvolgente, gli studenti si sono buttati a capofitto, hanno imparato, acquisito competenze, hanno fatto gruppo. E non solo loro, ma anche con i loro professori coinvolti come tutor.
Forse il periodo di pandemia poteva essere una buona occasione per sperimentare. Per esempio anni fa si parlava di un concetto, quello della “ludicizzazione”, che non sembra aver avuto grande eco, salvo alcune fortunate e sporadiche eccezioni. Che cos’è?
E’ l’utilizzo di tecniche e elementi mutuati dai giochi, soprattutto quelli di ruolo, in un contesto non ricreativo, come può essere quello scolastico appunto. Ma non solo, viene applicato nel marketing, nella comunicazione, nei più svariati ambiti che hanno a che fare con le persone. E’ efficace perché si fonda su alcuni processi comuni a tutto il genere umano, che risultano stimolanti: competizione, raggiungimento di uno status, premi, successo.
Applicare questo concetto non è una cosa assurda, la viviamo inconsciamente tutti i giorni. Perché compriamo una marca di latte piuttosto che un’altra, o preferiamo andare sempre allo stesso supermercato? Perché così “vinciamo” i punti da mettere sul tuo bell’album che ci fanno avere tanti bei premi.
Sono sicuramente il campo da studiare. E’ un mondo fatto di obiettivi, scadenze da rispettare, livelli da raggiungere, tutte cose faticose e a volte imposte dalla società. Nel gioco è la stessa cosa, solo che lì lo fai volontariamente e ti diverti anche. Magia? No, trucco. Perché i ragazzi tutto quello che imparano del- ancora non dal- gioco lo applicano e ricevono premi. Questo trucco l’hanno imparato le grandi multinazionali che hanno come target i ragazzi e hanno inventato l’in-game advertising. In pratica compri il prodotto e lo usi anche nel gioco. Perché quel prodotto ti serve se vuoi andare avanti nel gioco.
Fare la stessa cosa nell’insegnamento usando i videogame è un’utopia? Non proprio, perché già tanti insegnanti in tutta Europa stanno usando questo approccio o vi si stanno avvicinando.
Chi non crede affatto che tutto ciò sia un’utopia è l’Europa. Anzi, basta fare un giro su Open Education Europa, per capire quanto ha a cuore lo sviluppo di un insegnamento che guarda al futuro. E farlo attraverso il videogame è una possibilità concreta. Il programma UE, Orizzonte 2020 offre tante opportunità di finanziamento per lo sviluppo dei contenuti e dell’estetica dei videogame applicati in ambiti diversi dall’intrattenimento.
Oppure, il progetto Gamify your Teaching, promosso da Erasmus+, è un’ottima occasione per gli insegnanti di incrementare le proprie competenze, e fornire una didattica migliore.
L’Europa guarda al futuro e cambia, perché non dovrebbe farlo anche la scuola?
Written by: Andrea Famà
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