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Cultura

A dire il vero: Giovani al Lavoro

today11 Giugno 2021

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Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Down under” – Men at work

Oggi trattiamo un tema viscoso. Anzi anzi, scottante, se vogliamo considerare i molteplici aspetti che l’argomento ha in seno, soprattutto se parliamo di Futuro”, parola d’ordine che tanto piace pronunciare ai grandi Big, che a noi piace udire, semplicemente perché è rassicurante, dà l’idea di un progetto, una prospettiva. Semplicemente speranza. E questo non è poco.

E’ inevitabile scindere il Futuro da un’altra parola complessa. Il lavoro. Come sono connesse queste due cose! Da sempre. Celentano cantava che “chi non lavora non fa l’amore”, e tanto basti a darci una chiarezza di prospettive onde fugare ogni dubbio sulla sua necessità.

Ma cosa vuol dire lavorare?

Nel senso, perché è così importante? Lavoro, non è solo ciò che ti dà il pane, se usiamo una definizione popolarmente diffusa. Il lavoro è un’espressione di sé, nella maniera più alta. Impieghiamo tante ore nel vestirci, nel truccarci, nell’acconciarci i capelli, nel fare un video social che faccia trasparire nel modo più onesto possibile un concetto che altrimenti passerebbe inosservato. La nostra propria identità. Il nostro lavoro è quello che in qualche modo ci definisce, nel migliore dei casi. O idealmente parlando.

All’atto pratico, è Forza più Spostamento. Ossia quando impieghiamo energia per un certo tempo, si genera Lavoro. E’ scritto su qualsiasi libro di fisica del liceo. Il problema è la qualità, la quantità, il valore – e non il prezzo- che attribuiamo a questa formula.

Chi scrive, in fisica era “una zappa” e, questa unica formula che si ricorda, è servita solo a due cose: elaborare il concetto che ora esprimo e scrivere questo articolo. E tuttavia anche questo è lavoro, che torna utile, per cui si deve studiare. Cosa stradetta.

Sì, ma dopo?

Prima, mentre e dopo, come sempre una questione di tempo. Un mondo, anzi un’Europa che ha come obiettivo preliminare i giovani e il futuro, non può non avere in mente questo concetto. E infatti ce l’ha. E sebbene i vari Stati membri abbiano già in atto misure di garanzia, la disoccupazione e l’inoccupazione giovanile resta alta.

Alcuni numeri: 2,7 milioni di giovani tra i 16 e i 25 anni restano nella disoccupazione, secondo i dati forniti dall’Europa. Gli altri si barcamenano in condizioni di instabilità e contratti part-time di dubbio gusto. Tutto questo prima della pandemia.

Nell’ottica futura, il Parlamento Europeo ha messo in atto una serie di iniziative per garantire a ogni giovane un’offerta continua di lavoro o di formazione sin da subito, ovvero non appena terminati gli studi. 8,4 miliardi destinati solo a questa in iniziativa. In più si può sempre guardare fuori dalla semplice finestra di casa propria.

La mobilità è sempre stata un aspetto fondante della politica europea, e sarebbe illogico non estenderla anche nel campo lavorativo. Un’opportunità concreta è infatti, la piattaforma “Your First EURES Job”, in pratica una sorta di network che collega le varie aziende attive in tutta la comunità, che pubblicano inserzioni, con i giovani di tutta Europa che pubblicano i propri curricula.

Di recentissima iniziativa è il Corpo Europeo di Solidarietà. E’ un progetto finanziato dalla Commissione Europea che mira non solo a sensibilizzare l’intera comunità attraverso attività di volontariato e campagne, ma crea effettivamente nuovi posti di lavoro sotto forma di tirocini e inserimento in realtà autonome. Il campo d’azione è il più ampio possibile, dall’ambiente , alla migrazione, alla tutela del patrimonio culturale locale.

I modi di stare insieme sono tanti. Qualche volta basta uscire dall’uscio. O dal guscio.

Lavoro

 

 

 

 

Written by: Andrea Famà

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