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Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Uguali è diversi” – Gianluca Grignani
Disabilità oggi. Parlarne è un po’ come smuovere le acque, intaccare, quasi, la poca stabilità che si è venuta a creare negli ultimi anni. Una sorta di equilibrio conquistato in sordina, frutto di lotte di dialogo, ma senza troppi smottamenti. Stabilità però non vuol dire pace. La battaglia per i diritti alle persone disabili è questo. Lavoro quotidiano. Di chi?
C’è stato un tempo della nostra storia in cui nascere con qualche forma di disabilità, anche lieve era considerato quasi un reato contro lo Stato, una colpa che si espiava a pochi giorni dalla nascita facendo un lungo volo giù dalle ripide vette del monte Ida. Tempi oscuri, certo. Non così lontani.
Da quando il mondo occidentale ha capito che il valore della propria civiltà non si misura in base a quanto i propri cittadini si avvicinino a un modello idealistico, a uno standard di perfezione fisica -il che è avvenuto in tempi straordinariamente recenti se si pensa all’intervallo trascorso da Sparta ai totalitarismi europei del Novecento- l’inclusione è diventata una virtù indispensabile.
E oggi viviamo in un mondo, in un’Europa, dove esistono la Carta dei Diritti dell’Uomo, la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, dove vengono applicate politiche fondamentali come la Strategia europea sulla disabilità.
Tutte ottime disposizioni che garantiscono l’accessibilità, l’inclusione, la partecipazione del cittadino con disabilità alla vita pubblica e sociale, opportunità di occupazione. Un futuro.
Il riconoscimento del diritto di un individuo con disabilità è un punto sacrosanto al quale si è finalmente arrivati ma che costituisce solo il punto di partenza, se ragioniamo in termini di “futuro inclusivo”. Perché il mondo della disabilità è un universo fatto di poca informazione, difficoltà ad accedere ai servizi più basilari. Qua si apre una voragine.Non si tratta del futuro dei singoli individui, ma di famiglie intere che a causa della disabilità di un figlio o di un genitore vedono la propria vita cambiata, spesso stravolta.
Genitori, figli, fratelli che hanno dovuto cambiare il proprio stile di vita, spesso lavoro, che quotidianamente hanno richiami in ufficio per il ritardo, perché la navetta che porta il disabile al Centro o a scuola non è passato. O che chiedono permessi perché quel giorno non c’è nessun altro che possa portarlo a fare terapia, o perché devono fare file interminabili negli uffici predisposti perché gli hanno tolto il sussidio per chissà quale motivo. La continua richiesta di operatori e di assistenza perché le ore sono insufficienti. I costi, la rabbia per un semplice diritto non riconosciuto e che comunque si è dovuto cercare da solo. Il tempo che non basta mai.
Il mondo della disabilità non è solo un quinto della popolazione europea, come ci dicono i dati. E’ una costellazione di persone, le cui storie fanno luce sulle nuove difficoltà, sui nuovi obiettivi da raggiungere per questa Europa che punta sul futuro e sull’inclusione, e che fin qui ha raggiunto grandi risultati. Ne sono dimostrazione la fioritura di tante belle realtà su tutto il territorio europeo. Non solo associazioni che si occupano di fornire sostegno, ma vere e proprie attività economiche, aziende, ristoranti, che fanno dell’inclusione e del disabile, in quanto persona, una risorsa e non più un soggetto ai margini.
Ma molto c’è ancora da fare. E questa piccola costellazione di persone continua a lavorare.
Written by: Andrea Famà
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