Gli anni ‘60 hanno Woodstock, gli anni ‘80 hanno il Live Aid, memorabile concerto di beneficienza organizzato per combattere la fame in Etiopia.
La portata dell’evento è su scala mondiale (oltre al Wembley Stadium di Londra, il Live Aid 1985, con 72mila persone presenti, si è svolto anche al John F. Kennedy Stadium di Filadelfia, con 90mila persone, a Sydney e a Mosca) e a coronare la riuscita del progetto è la sua trasmissione in tv che registra due miliardi e mezzo di spettatori e 150 milioni di sterline raccolte.
La presenze stellari ne fanno ancora parlare, tanto da essere ricordato nel film Bohemian Rhapsody per la magnifica performance dei Queen, esibizione sul palco che inizia proprio con Bohemian Rhapsody. La scaletta delle hits travolge l’intero stadio, pienamente coinvolto da Freddie: tra le mani che battono a tempo sul ritornello di Radio Ga Ga, il balletto tra il frontman e il cameraman sulle note di Hammer to Fall, Crazy Little Thing Called Love, We Will Rock You e “l’apologia di quella che fu proprio una vittoria” con We Are The Champions.
A esibirsi sono i maggiori gruppi e le popstar del momento che hanno solo venti minuti per mettere in fila una scaletta memorabile. Se per alcuni è stato l’ennesimo successo (Bowie, Paul McCarthney, i Queen, gli U2, Elton John, Mick Jagger) per i Duran Duran e Led Zeppelin la performance è invece deludente.
Delusione o meno, il Live Aid resterà nella storia per la musica e per l’aiuto umanitario che da essa è derivato, mezzo straordinario che si è rivelato e continua a rivelarsi un’ottima occasione di sensibilizzazione. L’arte si unisce all’utile affinché il verosimile diventi reale per regalare sogni a popolazioni in gravi condizioni, e proprio la musica ti porta dove vuoi. Magari sognando We are the Champions non ci saranno sconfitti, perchè il quel “we” è racchiuso un mondo fatto di vincitori.
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