Durante la lettura, si consiglia l’ascolto di “Imagine – John Lennon”
Il 2 ottobre del 1869, esattamente 150 anni fa, nasceva Mohandas Karamchand Gandhi, successivamente noto come Mahatma (“grande anima“), ora riconosciuto come “Padre della nazione indiana” e pionere della lotta per la non-violenza.
Gandhi crebbe a Porbandar, una città costiera situata in una penisola dell’ India occidentale, all’interno di una famiglia benestante facente parte della casta dei Bania composta da mercanti e banchieri, nonostante sia il padre sia il nonno fossero uomini politici. A tredici anni si sposò con un matrimonio combinato, da cui ebbe quattro figli, e all’età di diciotto anni, a seguito dell’improvvisa morte del padre, si trasferì a Londra per studiare giurisprudenza presso la University College nonostante la dura opposizione della sua casta, che per questo lo dichiarò paria, ovvero “fuori casta”. A Londra si avvicinò alla teosofia e si abituò allo stile di vita inglese, motivo per cui ebbe non poche difficoltà al suo ritorno in India una volta conclusi gli studi. Nel paese natio riuscì ad essere riammesso nella sua casta e cominciò ad esercitare la professione di avvocato, grazie alla quale viaggiò in Sudafrica venendo a contatto con l’apartheid, la segregazione dei neri, e con le condizioni di schiavitù a cui egli stesso avrebbe dovuto sottostare.
Da questo momento in poi Gandhi cominciò un intenso percorso di attivismo politico a favore dei diritti dei suoi connazionali in Sudafrica, attirando l’attenzione sulla questione razziale e stimolando lo spirito di solidarietà tra le varie componenti della comunità indiana attraverso la fondazione del Natal Indian Congress. Successivamente diede vita a un ashram a Phoenix, il primo modello di fattoria in cui tutti i membri della comunità conducevano un regime di vita monastico.
Nonostante la sua lotta per l’indipendenza dell’India dal governo britannico, allo scoppio della prima guerra mondiale Gandhi appoggiò l’idea di aiutare gli inglesi nello sforzo bellico, sostenendo che se si desiderava la cittadinanza, la libertà e la pace nell’Impero, bisognava anche partecipare alla sua difesa. Tra il 1917 e il 1918 ottenne i primi successi con la campagna di satyagraha, una forma di disobbedienza civile fondata sulla satya (verità) e sull’ahimsa (nonviolenza), guidando migliaia di contadini senza terra contro l’oppressione britannica. Da questo momento in poi Gandhi venne battezzato dal popolo Bapu (“padre”) e la sua fama si estese in tutta l’India.
Dopo il massacro di Amritsar del 1919, durante il quale le truppe britanniche massacrarono centinaia di civili, crebbe la collera della popolazione e Gandhi fu costretto a sospendere la campagna satyagraha. Nello stesso anno entrò nel partito del Congresso Nazionale Indiano, portando avanti l’obiettivo della Swaraj, ovvero l’indipendenza completa: individuale, spirituale e politica, che si sarebbe realizzata nell’autogoverno.
Negli anni successivi diventò leader del movimento anticoloniale indiano e presidente del Partito del Congresso Indiano; sotto la sua direzione venne approvata una nuova costituzione nella quale si menzionava la Swaraj come scopo da raggiungere insieme all’autonomia e all’autosufficienza economica del paese, da attuare attraverso l’utilizzo dei beni locali e il boicottaggio dei prodotti stranieri.
Nel 1929 il governo britannico non concesse lo statuto di protettorato e il Congresso Indiano, diretto da Nehru, approvò il documento che dichiarava l’indipendenza completa, celebrata il 26 gennaio 1930. Nel marzo del 1930 intraprese una campagna contro la tassa del sale in aumento, la celebre Marcia del sale, con cui Gandhi guidò i suoi seguaci per 380 km, che però venne brutalmente repressa dall’impero britannico.
Nel 1934 Gandhi si ritirò dalla vita politica, per lui ormai priva di senso, dichiarando di volersi concentrare più su una riforma spirituale dell’India che sull’indipendenza, mentre continuò ad essere considerato dal governo di Londra l’interlocutore principale col quale negoziare. Tuttavia le tensioni tra popolazione indù e musulmana andavano a inasprirsi sempre di più e nell’estate subì tre tentativi di assassinio.
Allo scoppio del secondo conflitto mondiale i rapporti con le autorità britanniche tornarono ad essere molto tesi e Gandhi, dopo un iniziale appoggio al governo inglese, dichiarò che l’India avrebbe contribuito alla guerra solo se gli inglesi avessero proposto un piano per riconoscere agli indiani la libertà che ancora era loro negata e nel 1940 Gandhi lanciò un satyagraha individuale. In questo periodo la lotta contro il governo britannico arrivò al culmine: Gandhi intensificò le sue richieste d’indipendenza scrivendo il Quit India, una risoluzione con cui chiese ai britannici di lasciare l’India ed esortando la ribellione non-violenta totale finché, nell’agosto 1942, Gandhi e tutti i dirigenti del Congresso vennero arrestati e venne attuata una durissima repressione in tutta l’India. La lotta continuò finché il Regno Unito decise di concedere la piena indipendenza e, il 24 marzo 1947, nominò il viceré e governatore generale delle Indie con il compito di preparare l’indipendenza.
Dopo l’indipendenza si crearono forti tensioni politiche tra Pakistan e India che sfociarono nella guerra indo-pakistana del 1947. Gandhi incominciò il suo ultimo digiuno chiedendo la fine delle ostilità in modo da garantire l’uguaglianza per i praticanti di tutte le religioni, scongiurando una guerra civile indiana.
Il 30 gennaio 1948, Gandhi venne assassinato a Nuova Delhi, mentre si recava nel giardino per la consueta preghiera ecumenica delle ore 17:00. Gandhi venne assassinato da Nathuram Godse, un fanatico indù radicale che aveva legami anche con il gruppo estremista indù Mahasabha e che riteneva Gandhi responsabile di cedimenti al nuovo governo del Pakistan e alle fazioni musulmane. L’anno successivo l’attentatore venne condannato a morte.
Il giorno prima del suo assassinio, alla consueta preghiera serale, lo stesso Gandhi disse:
Se qualcuno dovesse porre fine alla mia vita trapassandomi con una pallottola e io ricevessi la sua pallottola senza un gemito ed esalassi l’ultimo respiro invocando il nome di Dio, allora soltanto allora giustificherei la mia pretesa.
Le sue ceneri furono ripartite tra varie urne e disperse nei maggiori fiumi indiani secondo le sue volontà. Due milioni di indiani assistettero ai funerali, durante i quali la bara del Mahatma fu trasportata su e giù per il Gange per consentire a coloro che stavano sulle sponde di rendergli omaggio.
Ogni anno viene celebrato il giorno della sua nascita in tutta l’India come festa nazionale e nella stessa data è stata dichiarata Giornata internazionale della non violenza dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite.
Quest’anno il Ministero della Cultura indiano ha scelto di celebrarla lanciando un sito web interamente dedicato al “Padre della nazione” in cui, oltre ad una lunga lista di eventi ed iniziative organizzate in tutto il mondo in suo onore, è possibile consultare materiali fotografici, video e documenti inediti che ripercorrono l’attività politica, e la vita, del Mahatma. A testimoniare il suo contributo fondamentale, sono selezionati 12 grandi personaggi, tra cui Martin Luther King e Nelson Mandela, che hanno fatto propria, attraverso pratiche e parole, la filosofia della nonviolenza.
Post comments (0)